Qualcuno da amare - la recensione del film di Abbas Kiarostami

27 maggio 2012

Qualcuno da amare - la recensione del film di Abbas Kiarostami presentato in concorso al Festival di Cannes 2012

Qualcuno da amare - la recensione del film di Abbas Kiarostami

Un po' come il Woody Allen degli ultimi anni, anche Abbas Kiarostami sembra voler portare la sua macchina da presa là dove lo porta il (bisogno di) denaro. Dove la coproduzione permette di realizzare film e l’ispirazione si rinnova. O almeno dovrebbe. Lasciate le campagne toscane di Copia conforme, l’iraniano sbarca in Giappone, dove continua a raccontare storie “d’amore” nelle quali si mettono in discussione certezze, ruoli e relativi significati. O almeno, si vorrebbe.


Iperlineare, ma al tempo stesso manierato, nella messa in scena e nello svolgimento narrativo, Qualcuno da amare (che prende il titolo originale dalla canzone di Bing Crosby "Like Someone in Love", uno standard del jazz, e che nel film si ascolta nella versione di Ella Fitzgerald) racconta tre personaggi che mentono su sé stessi: a sé stessi e agli altri. Una ragazza squillo nasconde la sua professione al fidanzato che, geloso, non le da tregua. La giovane finisce a casa di un anziano professore, apparentemente rispettabile, dove passa una notte casta. Quando il vecchio la riaccompagna in città e incontra casualmente il fidanzato di lei, fingerà di esserne il nonno e prenderà a dare consigli a tutti e due per il benessere della coppia. Ovviamente, le bugie hanno le gambe corte: anche in Giappone.

Kiarostami è un regista capace e furbo, e in questo caso si dimostra abilissimo nell’impacchettare con eleganza formale e pseudo-intellettualismo narrativo una storia dai contenuti ovvi e banali, la cui non-risoluzione non è sintomo di chissà quali profondità ma solo il vezzo di un autore che tratta il suo pubblico con un pizzico di malcelata sufficienza.
L’andirivieni fisico e psicologico dei personaggi e le loro traiettorie vengono raccontati da un Kiarostami che si limita a registrarli con cura e precisione, appoggiandosi anche alle interpretazioni dei tre bravi attori protagonisti, ma senza alcun reale approfondimento, deprivando così il suo film di ogni senso di necessità.

E allora Qualcuno da amare  finisce con l’essere anche presuntuoso, oltre che un po’ noioso e semplicistico.
 



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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