Puan - Il professore: la recensione della commedia filosofica sul senso della vita
Arriva nei nostri cinema il film argentino pluripremiato in molti festival, Puan - Il professore, riflessione dolce amara e ironica sulla filosofia e il senso della vita. La recensione di Daniela Catelli.
Puàn è il nome della strada dove ha sede una fermata della metro di Buenos Aires, ma soprattutto l'Università pubblica, sede della facoltà di lettere e filosofia, chiamata con lo stesso nome. Lì esercita da molti anni, con devozione e passione per il suo lavoro, il professor Marcelo Pena, braccio destro e discepolo del titolare della cattedra di filosofia politica, Eduardo Caselli. Quando quest'ultimo muore d'infarto mentre fa jogging, il mondo di Marcelo si apre alla prospettiva di subentrargli, ma il ritorno di un carismatico collega dalla Germania scatena in lui un'ansia da competizione che rischia di distruggerlo. Si ritroveranno uniti, alla fine del concorso, per difendere l'università dalla chiusura, dopo la tragica decisione del governo argentino di chiuderla per deficit, in un attacco senza precedenti all'istruzione pubblica.

Erano anni che nel nostro Paese non arrivava un film dei “cugini” argentini, così vicini e cari al nostro cuore, di nuovo sull'orlo di una catastrofe economica dopo esser riemersi a fatica, decimati delle sue menti migliori, da sette anni di dittatura fratricida, le cui ferite, dopo più di quarant'anni, non si sono ancora rimarginate. Puan – Il professore non è solo un bel film con divertenti venature di commedia, ma anche una testimonianza dello stato attuale delle cose, dell'attacco alla cultura in atto in un Paese che ha voglia e bisogno di sapere. In più riporta al cinema, finalmente, la filosofia come materia di studio e soprattutto scuola di vita. Scritto e diretto a quattro mani da María Alché e Benjamín Naishtat, che firmano anche la regia, Puan è un film che un tempo si sarebbe definito militante, o di impegno civile, genere sempre meno frequentato in questi tempi solipsistici, o che almeno stenta ad arrivare al cinema. I due autori riescono a inserire temi importanti e attuali, oltre a rendere alla perfezione l'importanza della filosofia “per tutti” e non aridamente delegata alla sola dimensione scolastica, attraverso il cavallo di Troia della commedia, che dipinge la rivalità tra due personaggi agli antipodi, interpretati con grande bravura da Marcelo Subiotto e dal più famoso Leonardo Sbaraglia, l'attore argentino naturalizzato spagnolo.

Il primo interpreta l'omonimo Marcelo, o Marce, un uomo timido ma appassionato del suo lavoro (Rousseau e Hobbes sono al centro delle sue lezioni all'inizio del film). La vita non è stata giusta con lui, nonostante gli abbia dato un figlio molto intelligente e una moglie che ama, sindacalista e attivista molto popolare. Gli stipendi, già di per sé non adeguati, tardano ad arrivare, e per arrotondare Marcelo dà lezioni di filosofia ed un'anziana e ricca signora annoiata e si reca nelle periferie a parlarne con gli affascinati abitanti locali (scortato da un poliziotto, perché non si sa mai). E' bravo nel suo lavoro, sa interessare gente di culture diverse ma, appunto, non riesce a sbarcare il lunario. Anche per questo tiene particolarmente a subentrare al suo amato mentore, di cui vuole comunque portare avanti l'eredità.
Ma proprio il giorno della commemorazione del professore, torna esuberante e amichevole una star della filosofia, l'ex allievo di Caselli, Rafael, che affascina colleghi e studenti con un approccio più moderno, legato alle ultime correnti, e anche per il suo legame con una nota attrice. Il conflitto è inevitabile: mentre Marcelo spiega il significato heideggeriano di dasein, l'essere nel mondo, e della morte a cittadini senza cultura, Rafael tiene affollate masterclass e mira alla cattedra. Nelle schermaglie tra i due e nelle disavventure di Marcelo (da un pannolino pieno di cacca ad uno show filosofico a cui viene costretto) risiedono i momenti più divertenti del film, che alla fine dimostra la necessità non solo di lottare per difendere il lavoro e la cultura dalle decisioni scellerate dei governi, ma anche quella di ritrovare le proprie radici, come Marcelo fa accettando un invito da un antico popolo andino, che alla filosofia preferisce il pensiero. Sarà un tango, espressione di sentimenti popolari, a dargli un senso di appartenenza.
Dobbiamo ringraziare i numerosi premi che Puan – Il professore ha ottenuto nei festival in cui è stato presentato e la distribuzione Exit Media, per averci dato la possibilità di vedere un film interessante, attuale e che fa comprendere quanto sarebbe stata più interessante la nostra vita scolastica se avessimo avuto un professore di filosofia come Marcelo, che sa renderla viva e utile come manuale di sopravvivenza e guida per la nostra imperfezione di esseri umani, all'affannosa ricerca di un senso della vita..
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità