Poveri ma ricchi: recensione della commedia di Fausto Brizzi con Christian De Sica e Enrico Brignano

14 dicembre 2016
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Lucia Ocone, l'intervento di Al Bano e un altro paio di idee valgono il prezzo del biglietto.

Poveri ma ricchi: recensione della commedia di Fausto Brizzi con Christian De Sica e Enrico Brignano

Ricorrendo agli estremi patrimoniali, Fausto Brizzi mette in scena una commedia in cui i poveri diventano ricchi, conoscono i ricchi veri e, anche se i soldi proprio schifo non fanno, forse era meglio quando si stava peggio. Tratto dal film francese Les Touche, l’adattamento di Poveri ma ricchi mantiene il cognome dei protagonisti italianizzato in Tucci e il look del capofamiglia interpretato da Christian De Sica. La storia si accomoda invece nel solco del divano dell’italiano medio, abitudinario e prevedibile. Anche senza essere un poveraccio come i Tucci, l’italiano medio che vince alla lotteria si guarda bene dal far sapere la notizia agli altri.

Senza scrivere un trattato di sociologia, Brizzi ci ricorda quanto in Italia la ricchezza si tenda a nasconderla perché in generale attira sospetto, malevolenza e invidia. Questo è il motivo principale della fuga dei Tucci, che dalla provincia di Roma traslocano nella ricca Milano pensando di trovare il loro nuovo habitat. L’anonimato non dura perché chi si arricchisce di sdegno perisce. I veri ricchi guardano la cafonaggine di questi zoticoni con disgusto, anche perché secondo il regista la moda attuale di chi può permettersi la bella vita è basso profilo e salutismo.

Poveri ma ricchi omaggia i tanti Vacanze di Natale degli anni 80 e 90, di cui negli anni 2000 lo stesso Brizzi e il co-sceneggiatore Marco Martani presero in eredità scrivendone i copioni. Il film riprende quella comicità fatta di situazioni, cliché e bravi interpreti. De Sica è sempre esilarante, come lo è Brignano, ma a strappare grasse risate è sopra tutti Lucia Ocone la cui cafoneria è davvero di lusso. Bravissima anche Anna Mazzamauro che ricorda la nonna dei Croods e, a pensarci bene, questa famiglia non è così lontana da quei trogloditi.

La parentesi Al Bano nei panni di se stesso è forse il fiore all’occhiello del film. Essendo il Signor Carrisi lui stesso un patrimonio dell’Italia popolare, è del tutto sensato che possa diventare per un giorno con grande autoironia il bardo personale dei Tucci. Quest’idea e un paio di altre valgono il prezzo del biglietto, anche se dispiace non avere una storia un minimo più articolata, che non si limiti a una premessa (poveri diventano ricchi), a un’ora di comicità (situazioni varie slegate tra loro) e a un finale (con morale).



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