Paul - la recensione della commedia con Simon Pegg e Nick Frost
Diretto da Greg Mottola e doppiato da Elio nella versione italiana, il film è ricco di divertenti citazioni, colpi di scena e battute di cui prendere nota.
Paul - la recensione
…I’m an alien/ I’m a legal alien/ I’m an English man in New York…
Si sentiva così Sting, inglese tra gli americani, qualche decennio fa. Il regista Greg Mottola sembra aver fatto propria questa suggestione, scegliendo come protagonisti della sua ultima commedia due inglesi doc, per raccontare (ridendoci su) storture e luoghi comuni ben conosciuti e radicati nell’immaginario collettivo e relativo a una certa porzione di cultura americana.
E’ la prospettiva dello straniero, da sempre, il pretesto che rende più vividi gli aspetti di una società che sono scontati per la società stessa, che li dà per assorbiti e poi digeriti (più o meno bene), tanto da diventarne indifferente. E’ lo sguardo vergine, quello di chi si affaccia su un mondo nuovo per la prima volta, ad accentuare il divario tra ciò che sembra normale per consuetudine e ciò che invece normale non dovrebbe essere affatto.
Gli attori Simon Pegg e Nick Frost sono i quasi quarantenni giunti in vacanza dall’Inghilterra al raduno ComiCon di San Diego, “vergini prescelti” (nerd tanto quanto basta da sembrarlo in tutti i sensi) per rilanciare una fugace occhiata alquanto divertita, sulla scia di tanti predecessori (in senso cinematografico) che hanno scherzato sull’America e sui suoi “difettucci”. Razzismo ostentato, violenza omofoba da bar di provincia, fanatismo religioso che ottenebra la ragione, sono alcune delle “magagne” che ri-saltano all’occhio dei protagonisti. Con loro c’è Paul, l’alieno in fuga e niente affatto alienato, colui che dovrebbe essere il vero “spaesato” e che dà il titolo al film. Disincantato e cinico dopo 60 anni di collaborazione con il governo americano, l’esserino verde, vero tipo da spiaggia, non si lascia scomporre davanti alle esagerazioni di certi folli, lui infatti li conosce come le tasche dei suoi bermuda.
John Landis docet. Fuga on the road e “missione per conto di Dio” a portata di mano, il film corre veloce citazione dopo citazione, offrendo chicche ad hoc per gli amanti della fantascienza, ma accessibili a tutti. Si mira dritto dritto a Steven Spielberg e al riproporre con ironia- non troppo sottile - i clichè propri del genere.
Soprattutto con il precedente Adventureland, Mottola aveva dimostrato una certa sensibilità nel raccontare emozioni e sentimenti propri della giovinezza. Infatti in modo scanzonato e leggero, ma non superficialmente, il regista riesce a mostrare un’umanità incerta e in continua discussione con il proprio essere diversa e inadeguata. Anche in questo film, in un certo qual modo, uno degli aspetti più riusciti è la rappresentazione dei due compagni di viaggio, uniti dal loro sentirsi simili, in un mondo che va a ritmi decisamente troppo veloci. Pegg e Frost sono davvero due “alieni” ben affiatati, uniti da molti film girati insieme, anche se qui diretti con minor forza.
La scelta, tutta italiana, di far doppiare l’extra-terrestre (che nella versione originale è animato da Seth Rogen) da un personaggio riconosciuto comunemente indisciplinato e ironico come Elio, risulta intelligente e arriva ad accrescere la componente sarcastica e dissacrante che il film cerca, ma a stento trova.
I colpi di scena non mancano, ma neanche bastano, gustosi sì, come piccoli assaggi di sapori raffinati, ma niente di più. Vicende e personaggi infatti, non trovano il tempo di mantenere i tratti con cui vengono inizialmente abbozzati, cedono quasi subito al compromesso del buonismo perdendone in mordente e originale ironia. E’ vero sì stiamo giocando, ma quanti colpi bassi sono stati dati comunque nella storia del cinema, anche con il sorriso sulle labbra?