Past Lives: la recensione del film di Celine Song in concorso al Festival di Berlino 2023
Applauditissimo al Sundance, e ora anche alla Berlinale, dove ha spiccato in un concorso dal livello piuttosto basso, questo primo film autobiografico della commediografa coreano-canadese Celine Song ragiona su amore e destino con pregevole compostezza e senza offrire facili risposte alle questioni che si pone. Recensione di Federico Gironi
Dopo il primo incontro in venti e passa anni tra quella che è sua moglie e l’uomo che, in buona sostanza, non ha mai smesso di amarla da quando avevano dodici anni, e sapendo che il giorno successivo quei due si incontreranno di nuovo - come potrebbero non farlo? lui ha affrontato 15 ore di volo per arrivare a New York da Seoul - quello che in fin dei conti in Past Lives è un comprimario chiede alla donna: ma se quando ci siamo incontrati noi, ci fosse stato un altro, un altro che come me aveva letto i libri giusti e visto i film giusti, e che come me e come te scrive, e vive a New York, tu oggi saresti sposata con questo ipotetico tizio, invece che con me?
È un esempio, questo, magari marginale ma in fondo niente affatto tale, di come Past Lives sia un film che non racconta l’amore, ma che sull’amore ragiona. Sull’amore, sui casi della vita, sugli incastri e le svolte dell’esistenza.
"Ma se?"
La domanda se la fanno anche gli altri due personaggi, i principali, la Nora che ha lasciato bambina la Corea e che in America si è fatta una vita, e il suo primo amore Hae Sung, che prima di rivedere dal vivo aveva frequentato brevemente, dodici anni prima (o dopo, se volete), su Facebook e su Skype.
C’è, nel film, un’inquadratura molto bella scelta da Celine Song - che in questo film racconta in fin dei conti la sua storia - che fotografa il momento della separazione tra due ragazzini che si amano: li vediamo a un bivio tra due viuzze di Seoul, salutarsi con poche parole e molti silenzi, e prende le strade che li allontaneranno. A riavvicinarli saranno i social e internet, ma questo non basterà, perché la distanza fisica è quel che è, e Nora - personaggio femminile assai moderno - non vuole sacrificare i suoi sogni americani sull’altare di un amore solo probabile.
Eppure, il dubbio rimane. Soprattutto in Hae Sung, ma anche in lei, in Nora.
Ragiona sull’amore, Past Lives, ma anche sull’identità di chi ha lasciato un paese per iniziare una nuova vita in un altro, sul prezzo che una scelta del genere comporta, ma anche sulle opportunità che fornisce. Ribalta le tradizionali prospettive sul romanticismo, facendo della sua protagonista quella pragmatica e concentrata sulla carriera, e dell’uomo il sentimentale capace di scelte impulsive e magari un po’ irrazionali.
Siamo, si sarà capito, in territori linklateriani, del Linklater di Prima dell’alba e successivi, ma la sensazione di déjà-vu non arriva mai.
Celine Song - che come Nora è stata commediografa, prima di darsi al cinema - passa con una certa agilità dal palco allo schermo, cerca di non strafare, a volte regala qualche spiegazione di troppo per eccessiva fiducia nella parola e forse scarsa confidenza con l’immagine, perde la chiusa ideale scegliendo un rivolo di finali che però contengono, per fortuna, anche un richiamo a quella sua bella immagine del bivio.
Soprattutto, non offre soluzioni facili, né troppo consolatorie, alle domande e alle questioni che solleva nel suo film, abbracciando quello che, parafrando un spot di qualche anno fa, potremmo definire “il gusto amaro della vita”.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival