Palm Springs: la recensione

18 ottobre 2020
3 di 5

Presentata in anteprima alla Festa del cinema di Roma, esce il 22 ottobre la commedia Palm Springs, che rilegge un classico come Ricomincio da capo con verve e umorismo ma anche con una buona dose di malinconia, perfetta per l'epoca che stiamo attraversando.

Palm Springs: la recensione

Se, come noi, siete allergici alle cerimonie di qualsiasi tipo (con poche e motivate eccezioni), apprezzerete la premessa – piuttosto angosciante – alla base di Palm Springs – Vivi come se non ci fosse un domani, che riprende la struttura del loop temporale di un inarrivabile modello come Ricomincio da capo (già alterata in chiave horror da Auguri per la tua morte) per rinchiudere i suoi protagonisti nella ripetizione “ad infinitum” del giorno del matrimonio a cui sono stati invitati. Con tutti i corollari del caso: possibili tradimenti, rapporti con amici e parenti, inevitabili imbarazzi. È sicuramente questa l'intuizione migliore della commedia scritta da Andy Siara e diretta da Max Barbakow, due giovanissimi autori al primo lungometraggio di finzione, che ha conquistato il pubblico (sia pure quello limitato delle forzate visioni domestiche) e soprattutto la critica, dopo esser stato presentato nella prestigiosa vetrina del Sundance Film Festival.

Fin dall'inizio intuiamo che c'è qualcosa che non va in Nyles, che al risveglio si impegna in un'infelice performance amorosa con la distratta e frettolosa fidanzata, damigella d'onore della sposa al cui matrimonio sono invitati. Appare stanco e annoiato, distaccato da tutto, ma, dopo le nozze, prima toglie dall'imbarazzo del discorso di rito Sarah, la sorella della sposa, pecora nera della famiglia, poi attira la sua attenzione con le sue buffe performance durante la festa che segue alla cerimonia. Dal loro tentativo di consumare in santa pace il classico rapporto occasionale, nasce  il fulcro della storia, con Sarah che finisce intrappolata con lui in un loop temporale di origine misteriosa causato da un terremoto che apre un'atavica caverna. Scopriremo ben presto che non è lei l'unica finita nell'incubo del ripetersi dello stesso giorno, ma anche che Nyles in un momento di sconsiderata generosità (un po' come quando un vampiro decide di dare la vita eterna a un individuo trasmettendogli la sua maledizione), ha portato con sé anche un'altra persona, che da allora gli dà la caccia per vendicarsi in mille cruenti e dolorosi modi.

Alcune cose, in Palm Springs, appaiono inevitabilmente già viste - l'impossibilità di morire, la decisione di movimentare le giornate sempre uguali con la consapevolezza che al risveglio nessuno si ricorderà niente - ma l'originalità nella visione di questi due giovani autori sta soprattutto nell'aver colto esattamente lo spirito del tempo, non solo perché il film è uscito in un momento in cui la ripetitività nella vita è diventata sinonimo di sicurezza personale, con tutto quel che questo comporta in termini di relazioni interpersonali e aspettative professionali, ma anche perché viviamo in un'epoca di grande individualismo e solitudine in cui perfino gli outsider affini tra di loro stentano a riconoscersi.

Sarah e Nyles non sono perfetti, ma comprendono alla fine quello che tutti abbiamo affermato una volta o l'altra nella vita, che non ci si salva da soli. Se andrà male, pazienza, varrà sempre la pena di provarci, perché magari non vedremo i dinosauri e continueremo a fare gli stessi errori di sempre, ma per uscire dal loop, oltre che una gran forza di volontà (e senza la magia che il cinema può creare dal niente a dispetto di ogni logica) servono tutti gli aiuti possibili. E perfino il dolore, che si sente sempre e comunque, anche quando non si muore, può aiutarci a crescere e maturare. In questo senso Palm Springs – Vivi come se non ci fosse un domani è la commedia sentimentale perfetta per questi tempi di crisi e per la generazione che ne sta facendo le spese più di altre, oltre che un invito alla speranza che arriva direttamente dalle facce non convenzionali ma espressive e vere di due attori ancora troppo poco noti come Christine Milioti e Andy Samberg, con in più la ciliegina del sempre benvenuto J. K. Simmons.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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