On the Road, la recensione del film di Walter Salles
On the Road, la recensione del film di Walter Salles presentato in concorso al Festival di Cannes 2012.
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Che un romanzo leggendario come “Sulla strada”, nato dalla vita alla fine degli anni Quaranta, scritto nel ’51 e pubblicato nel ’57, arrivi sul grande schermo solo nel 2012, è indubbiamente significativo.
A tal punto da chiedersi fin dal principio, a monte, il senso e l’opportunità di un adattamento. Tutto però è lecito, se fatto a modo, e di certo non si poteva condannare Walter Salles per l’essere riuscito a realizzare qualcosa di cullato da molti prima di lui.
Il modo in questione, in questo caso, poteva (e forse doveva) essere quello di un adattamento che cogliesse lo spirito dell’opera di Kerouac, che ne ricercasse connessioni stilistiche, che tentasse di trovarne un senso e un’interpretazione legate all’oggi. Salles, invece, se non ha fatto il contrario, sicuramente non si è sforzato di andare in queste direzioni.
On the Road riprende in maniera quasi pedissequa la trama del romanzo che intende tradurre in immagini, glissando per quanto può sugli aspetti ideologici e filosofici messi in campo da Kerouac e concentrandosi sul lato umano dei suoi protagonisti, sulle relazioni personali, sui sentimenti. Così facendo, l’irrequietezza fisica e mentale dei beatnik risulta banalizzata, mai realmente contestualizzata sul piano sociale e politico: e non a caso On the Road indugia particolarmente sulle sregolatezze sessuali e stupefacenti dei suoi protagonisti.
Di conseguenza, anche lo stile narrativo e registico adottato da Salles ha ben poco a che vedere con quello letterario di Kerouac. Frammentazione e struttra episodica a parte, il flusso jazz delle parole non trova corrispondenza in una messa in scena pop, levigata e patinata. E, spesso, anche un po’ furbetta.
Se tutto questo poteva essere più che perdonabile, a On the Road, non lo è paradossalmente che, tutto sommato, l’adattamento può dirsi riuscito. Perché, con buona pace dei fan di ieri, “Sulla strada” è un romanzo letterariamente sopravvalutato, un po’ noioso e, soprattutto, oramai datatissimo.
E il film di Salles, come sia se considerato in parallelo con il libro che preso come entità a sé stante, è noioso e datato. Tutto concentrato sull’estetizzazione di una trasgressione (quella descritta come viene fatto) sterile e un po’ infantile, slegata da ogni istanza se non quella di un edonismo dionisiaco che cerca in tutti i modi di farsi costruttivo, senza grande successo.
Del giovane cast messo assieme da Salles, che il regista ha definito “co-autore del film”, è forse Tom Sturridge (Carlo Marx, alias Allen Ginsberg) l’unico ad aver lasciato in qualche modo un segno.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival