Omicidio nel West End: la recensione della commedia gialla con Saoirse Ronan

30 settembre 2022
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Anni '50 in una Londra in preda alla passione per le storie gialle di Agatha Christie fa da cornice a Omicidio nel West End, fra la satira l'omaggio e la parodia di quel genere con una dose abbondante di ironia. La recensione di Mauro Donzelli.

Omicidio nel West End: la recensione della commedia gialla con Saoirse Ronan

Siamo nel West End di Londra negli anni Cinquanta, in un teatro in cui si mette in scena con successo la pièce Trappola per topi di Agatha Christie. È pronto il progetto di una versione per il cinema, i cui piani si interrompono brutalmente quando viene ucciso il regista hollywoodiano che avrebbe dovuto dirigerla. l’ispettore Stoppard (Sam Rockwell) e la giovane recluta agente Stalker (Saoirse Ronan) indagano nel mondo dello spettacolo, teatrale ma anche cinematografico. Non mancano stilettate fra britannici e americani, vecchio e nuovo mondo, vecchie e nuove idiosincrasie. Tutto da manuale, quindi.

Excursus fra lo storico e il pedante.
Dalle nostre parti lo chiamiamo giallo, per il colore delle copertine delle edizioni (pubblicate da Mondadori) che hanno reso popolare il genere, ma il termine più giusto nei paesi anglosassoni per definire il giallo classico è “whodunit”, una storpiature della locuzione “chi l’ha fatto”. È infatti la scoperta di un assassino che chiude tradizionalmente queste storie, che si aprono con la scoperta di un cadavere e sono costruite intorno alle indagini, portate avanti applicando un metodo deduttivo. Si può usare la pistola per uccidere, ma volete mettere il veleno, quanto è più chic e high society. L'indagine può essere compiuta da un poliziotto in divisa o da un investigatore variamente declinato. C’è stato di tutto, dal private eye, il detective privato, a una coppia di gatti siamesi. 

Un universo tornato di gran moda dopo decenni di marginalizzazione, a favore di polizieschi più debitori della tradizione americana, più muscolare e urbana, con una rappresentazione molto più realistica rispetto ai predecessori, nata con Dashiell Hammett e portata avanti da Raymond Chandler e infiniti figli e figliastri. Ci perdonerete il pippone da cultori del genere per introdurre questa riapparizione molto modaiola delle atmosfere Christiane, nate cioè dalla penna di Agatha Christie, la scrittrice che ha venduto meno solo della Bibbia. 

C’è qualcosa di religioso nella messa in scena degli archetipi di un indagine poliziesca siffatta, e fin dalla prima inquadratura Tom George vuole dissacrarla con una parodia, al confine della satira, ma presto si deduce - più che l’assassino, che diventa l’ultima delle priorità, di fatto - come in realtà Omicidio nel West End sia un omaggio, e anche furbetto. Fa una finta bella imbellettata e sopra le righe di prenderlo in giro, addirittura di metterlo alla berlina, ma gli stilemi narrativi sembra smontarli, ma poi li rimonta tali e quali, con tanto di svelamento conclusivo da manuale, con l’investigatore in salotto insieme a tutti i sospettati.

La dimensione del gioco è al centro di questa messinscena che sfocia nella farsa, tanto da sembrare più una partita a Cluedo, con personaggi che appaiono pedine con caratteristiche innate, pronti a interpretare il loro ruolo. Gli unici che si ribellano a questa messa in scena codificata sono i due investigatori, improbabili membri delle forze dell’ordine londinesi, che rappresentano anche la vera ragione per cui vedere questo film. Sono spassosi davvero, all’interno di un contesto in cui il ritmo è più frenetico che appassionante. Rappresentano il cialtrone con acume, eterodosso rispetto ai suoi doveri di ispettore, al punto di farsi un bicchiere di primo mattino fingendo di andare dal dentista, e la stupidità più nobile, quella che sconfina con la genialità di una iper cinefila e irresistibile Saoirse Ronan.

Nel complesso, Omicio nel West End è una partita a un gioco in scatola, quindi, che non rappresenta mai la prima scelta per una serata con gli amici, in cui finisci però per divertirti e voler continuare a usare le pedine dello stesso colore, o gli stessi personaggi. Il colonnello Mustard, in biblioteca, con il candelabro.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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