La recensione di Nemico pubblico N.1 - L'Istinto di morte

12 marzo 2009

Come fece qualche tempo fa Quentin Tarantino con Kill Bill, il regista francese Jean-François Richet dedica due film allo stesso personaggio, che sono uno la continuazione dell'altro. I fatti raccontati non sono però inventati, ma reali, perché il protagonista di Nemico pubblico N.1 - L'Istinto di morte e Nemico pubblico N.1 - L'ora de...

La recensione di Nemico pubblico N.1 - L'Istinto di morte

Nemico pubblico N.1 - L'istinto di morte

La grandezza di Nemico pubblico N.1 - L'istinto di morte, primo film di un dittico sul criminale parigino Jacques Mesrine, è già tutta nella sequenza d'apertura che mostra, ricorrendo allo split-screen, l'uccisione dell'uomo più odiato dalla polizia francese. Jean-François Richet non sarà Michael Mann, come dice qualcuno - in particolare chi non gli ha perdonato il remake di Distretto 13 - Le brigate della morte - ma soprattutto in questo suo lavoro dimostra fin da subito di avere un'idea precisa di regia e di conoscere così bene i meccanismi narrativi di svariati generi cinematografici da potersi permettere di spiazzare il pubblico. In molti modi.

Partire dalla morte di un personaggio per poi tornare agli inizi della sua vita o alla sua giovinezza significa rispettare una delle prime regole del biopic. Ma L'istinto di morte non appartiene in toto a questa categoria, in primo luogo perché non esalta, celebra e favorisce l'identificazione con un personaggio che nelle banlieue parigine e nella cultura hip-hop è diventato un'icona, il simbolo di una ribellione sprezzante a una società che ha insegnato a praticare la violenza in tempo di guerra per poi condannarla in tempo di pace. Nel film di Richet, Jacques Mesrine è prima un bel ragazzo intraprendente, poi un mostro di cinismo e cattiveria. In una scena fa la parte dell'eroe, nella successiva infila il revolver nella bocca della moglie. E' mutevole, inafferabile e ambiguo proprio come la sua stessa esistenza a metà fra l'essere e l'apparire, un'esistenza trascorsa sotto la luce dei riflettori, piena di coup de théatre e avvolta nel mistero: come il mistero degli omicidi, forse mai commessi.

Così come non è prettamente un film biografico, L'istinto di morte si avvale solamente di alcuni cliché del gangster-movie: malavita, bella vita, iniziazione al male, pistole, bambole e baci. Si allontana dal genere per alcune digressioni sugli anni 60, magnificamente descritti, e per le concessioni ad altre tipologie cinematografiche, a cominciare dal filone carcerario, a cui appartengono le ultime sequenze del film, che a nostro giudizio sono le migliori. E non manca nemmeno un po' di noir, con quella femme fatale interpretata da Cécile de France che rimanda a tante dark lady della tradizione più classica.

L'unico vero difetto di questo primo capitolo di Nemico pubblico N.1 è il mancato approfondimento dei personaggi minori e di alcune sottotrame interessanti. Nella sua accelerazione verso il finale, e verso il secondo film, e nel suo insistere sull'effetto sorpresa, Richet non sviluppa, per esempio, i rapporti fra Jacques Mesrine e i suoi amici, familiari e complici. Gérard Depardieu nei panni del boss Guido è poco più di una macchietta, e la donna che Mesrine conosce in gioventù e sposa è la solita moglie debole e sconsolata di tanti gangster. Ma forse, dimentichiamo facilmente questa piccola serie di figure secondarie perchè a monopolizzare la nostra attenzione c'è un grandissimo Vincent Cassel. Giustamente premiato con il César, l'attore francese rende giustizia alla complessità del personaggio, facendone un uomo sarcastico, feroce e teatrale, un genio del male che va lentamente acquistando consapevolezza di sé.

Nel secondo film della serie, Nemico pubblico N.1 - L'ora della fuga, ritroveremo Cassel ingrassato di 20 kg. Siamo sicuri che questa trasformazione renderà la sua performance ancora più intensa ed efficace.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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