Nella Tana dei Lupi 2: Pantera, la recensione: preparato con cura, eseguito con precisione

03 marzo 2025
3.5 di 5

Tornano Big Nick e Donnie, e questa volta sono dalla stessa parte. E Christian Gudegast conferma tutto il buono mostrato qualche anno con il primo film di quella che diverrà una serie. La recensione di Nella tana dei lupi 2: Pantera di Federico Gironi.

Nella Tana dei Lupi 2: Pantera, la recensione: preparato con cura, eseguito con precisione

Nella tana dei lupi 2: Pantera si apre senza preamboli, direttamente con una rapina. All’aeroporto di Anversa un aereo atterra, raggiunge il suo hangar, e subito un gruppo di rapinatori mascherati e organizzatissimi lo assalta, blocca il personale di terra e di bordo, porta via qualcosa - e quel qualcosa sono dei diamanti - e svanisce poi nel nulla. Tutto è minuzioso e calcolato nella pianificazione, preciso e chirurgico, perfino elegante, nell’esecuzione. Tanto che non un solo colpo d’arma da fuoco viene sparato.
Può sembrare poco forse, ma significa molto. Significa che questo sequel del film del 2018 che aveva segnato l’esordio alla regia di Christian Gudegast cambia leggermente rotta rispetto al suo predecessore, e in parte - non troppo, ma comunque - anche stile e riferimenti.
Il primo Nella tana dei lupi era ed è ancora un film d’azione e di rapina ruvido, muscolare, chiaramente testosteronico, dove l’uso della forza e dell’aggressività la faceva da padrone, anche nelle sue varianti meno funzionali. Qui qualcosa è cambiato. Qualcuno, anche.
Non che Big Nick sia meno duro di prima: ma non è nemmeno più quello che abbiamo conosciuto. Tanto che, invece di arrestare Donnie, scovato chissà come a Nizza, mentre pianifica con una banda di criminali serbi il più grande furto di diamanti della storia, gli chiede di unirsi a loro.

Buona parte di Nella tana dei lupi 2 gira attorno alla pianificazione di questo colpo. Ovviamente complicatissimo. Ed è qui che, con la misura e la furbizia mostrate in precedenza, Gudegast strizza l’occhio agli heist movie alla Ocean’s Eleven, ma quasi senza farsene accorgere. Per il resto, resta valida l’atmosfera manniana che si respirava già nel primo film, e nella dinamica tra Nick e Donnie, questa volta tutti e due dalla stessa parte, i richiami al buddy movie in stile Arma letale sono ancora più chiari, e pure con maggiori concessioni alla leggerezza e all’umorismo.
Ma quel che è appare evidente, e che è la cosa più interessante di tutte, è che Nella tana dei lupi 2 è un film molto meno tradizionalmente action di quanto non ci potesse aspettare, senza che questo tolga qualcosa alla sua capacità di essere avvincente, e perfino adrenalinico.

Nonostante un certo dinamismo della trama che porta a curiose triangolazioni (la banda serba a un certo punto si divide per colpa di Nick, e di conseguenza ci può aspettare una rivalità fratricida, per non parlare del fatto che del colpo in apertura di film Donnie dovrà rendere conto nientepopodimeno che alla mafia siciliana), Nella tana dei lupi 2 è un film fatto di attese e di pianificazioni, e della suspense che queste attese e queste pianificazioni sono in grado di suscitare.
Anche la grande rapina che, alla fine della storia, i nostri protagonisti mettono in atto, e che ancora una volta ha una sua precisione tattica che si traduce in una certa quale eleganza cinematografica, è estremamente carica di suspense. Tanto che solo dopo che questa viene portata a compimento Gudegast si ritiene libero di sciogliere un poco le briglie, e di inserire una lunga scena d’inseguimento in auto condita dallo schioppettate di armi tattiche da una parte e dall’altra.

Insomma. Con il suo primo film, e in particolare nella parabola di Donnie, Gudegast ci aveva raccontato che la mente vince sul braccio; che le apparenze possono ingannare; che al piacere di un gesto ben pianificato e ben eseguito andava di pari passo un evidente profitto. Tutte queste sono lezioni che il regista e sceneggiatore ha metabolizzato per primo, e il risultato è quello di un film che gioca d’astuzia, e che ancor più di quanto non accadesse nel primo capitolo cura in maniera quasi maniacale, considerata la media del cinema attuale, la sua espressione visuale. Un film preparato con cura, ed eseguito con precisione.
Se poi a volte può peccare di scarsa fantasia, beh: ce ne faremo una ragione.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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