Molecole: la recensione del documentario di Andrea Segre, evento di pre-apertura del Festival di Venezia 2020
Un viaggio alla scoperta di Venezia e del padre del regista, accomunati da una fragilità di fondo che Segre esplora con sensibilità e la capacità di suscitare riflessioni universali.
La fragilità di Venezia. Era questo il tema, fra turismo di massa e acqua alta, del nuovo documentario che Andrea Segre aveva appena iniziato a girare prima dell’arrivo dell’epidemia, poi pandemia, e la susseguente quarantena. L’occasione, per lui, di raccontare una città che aveva sempre “soltanto sfiorato” e che, per il dannato imprevisto che ha congelato la vita di tutto il mondo, l’ha spinto invece a delle riflessioni molto più intime, legate a una dinamica ben più privata come il rapporto con suo padre, perché “ci sono cose che è molto difficile condividere con un figlio, e che un figlio può iniziare a capire solo diventando padre”, come accaduto al regista.
Molecole è un omaggio alla natura così sfacciata che da secoli convive con difficoltà con la città lagunare, ma anche al padre, fisico impegnato proprio a studiare quelle minuscole particelle. Il film diventa quindi l’occasione per Segre di elaborare un rapporto irrisolto, non solo con Venezia, ma anche con il padre, nato e cresciuto a due passi da San Marco e spostatosi a Padova proprio con la nascita dei figli. Ma questa è solo una delle “molte cose che ho scoperto solo dopo la sua morte”.
Un viaggio nella splendida città sempre più vuota, con un’atmosfera che ricorda La peste di Camus, autore preferito del padre. Insieme a vogatrici e scienziati, testimoni locali e veneziani doc, Segre ci conduce in un momento unico della storia, in cui le onde si sono placate insieme all’invasione dei turisti, senza grandi navi pronte a violare il paesaggio di San Marco. Canali vuoti, ma spettrali. Lo ha fatto rimanendo bloccato con la famiglia in un appartamento dello zio alla Giudecca, vivendo la quotidianità recluta di una città sospesa, finendo per rimpossessarsene.
Ma già prima, nel novembre 2019, l’autore ha sentito il richiamo della straordinaria ondata di acqua alta, visitando una città che mai come in quei momenti si è dimostrata fragile, proprio come il padre malato gravemente al cuore, fin da piccolo destinato a morire per il cedimento del più cruciale degli organi. Venezia gli appare, in quei giorni, grondante “solitudine, era sola in quel vuoto che aveva iniziato a catturarmi. Una solitudine che ti può tenere in vita." Un vuoto che il regista riempie con la figura del vero protagonista del film, Ulderico Segre, attraverso filmati in super8 e dei viaggi, a lui sconosciuti, in un passato dai tratti dell'epopea avventurosa, almeno agli occhi di lui bambino, sulle note di una colonna sonora quasi sospesa nel tempo di Teho Teardo.
Il film più intimo e personale di Andre Segre, su questo non c’è dubbio, ma Molecole è anche il tentativo di catturare la natura complessa di una città sospesa fra forze e debolezza, splendore e decadenza, “che per Venezia non sono opposti”, in un contesto in cui la natura cerca un impossibile equilibrio fra vita e morte, rivendicando una fragilità che somiglia a quella che il figlio ora vede chiaramente nel padre che non c’è più. Un sorprendente ritratto intimo che assume i contorni di una riflessione universale sul tempo che passa, sui rimpianti e sulla materia di cui sono fatte le vite di ognuno di noi, molecole sempre in movimento, spesso incapaci di fermarsi per ascoltarsi e conoscersi veramente.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito