Mogul Mowgli: recensione del dramma indie britannico con Riz Ahmed presentato al Carbonia Film Festival
I conflitti culturali e identitaria di un rapper di successo immigrato pachistano a Londra di seconda generazione interpretato dall'ottimo Riz Ahmed nell'indie energico e rabbioso Mogul Mowgli, opera prima di Bassam Tariq.
Un limbo cuilturale e identitario. È lì, sospeso fra un passato e un paese lontano e un futuro in linea con le sue ambizioni di radicamento in una nuova patria, mettendo a frutto proprio le sue radici lontane. Zed è un rapper britannico di successo, anche se il suo vero nome sarebbe Zaheer. È un britannico pakistano di seconda generazione, la sua carriera sta per fare un salto in avanti, un grande nome gli ha chiesto di aprirgli il suo world tour. Non è più giovanissimo e anche nella carriera è sospeso fra un successo che tarda a farlo veramente decollare e una nuova generazione, cresciuta con le sue rime ribelli, pronta a farsi avanti.
Mogul Mowgli, quale titolo migliore per sintetizzare efficacemente la lacerazione della seconda generazione, con i genitori ancora legati alla cultura di appartenenza e qualche amico che si è aggrappato disperatamente alla religione perché non riesce ad adattarsi in una realtà come la periferia di Londra. Qualcuno lo chiama noce di cocco, proprio per questa bivalenza, con una parte esterna rappresentata dalle sue rime da immigrato identitario e la sua parte interna, bianca candida come l’industria musicale in cui ha tanta voglia di emergere.
È pur vero che, come gli rinfaccia la sua pseudo fidanzata, “per essere uno che rappa così tanto da dove viene, quand’è l’ultima volta che sei stato a casa e hai trascorso del tempo con la tua famiglia?”. È il momento allora per Zed di fare un salto a casa, in un soggiorno che sembra un percorso onirico di riscoperta, tormentato da immagini del passato e dall’invadenza di rumori, colori e odori della sua famiglia allargata pakistana, ancora ferita dalla partizione dell’India in cui nacque il Pakistan dopo la cacciata dei musulmani dal grande gigante hindi, con il padre stesso che scappò verso il Regno Unito.
In questo scontro frontale con la sua cultura familiare (e la religione), a Zed viene anche diagnosticata una malattia autoimmune che gli sta rovinando i muscoli e gli impedisce di camminare normalmente e, lui teme, di partecipare al tour che potrebbe cambiare la sua carriera. A questo punto il viaggio di autoanalisi, di scoperta di un sé reale, non quello immaginario che canta la sera con rabbia, diventa anche un percorso clinico, oltre che un tentativo di sintesi fra la carriera musicale, la New York in cui vive, e il retaggio delle tradizioni che a casa sembrano immutabili come la sua cameretta, fra lo spirito di gruppo che sostiene il suo clan di musicisti immigrati di seconda generazione e l’ambizione personale di successo, una tentazione sempre più presente.
Mogul Mowgli si sostiene sulla prova d’attore, e di musicista, di un grande personaggio come Riz Ahmed (The Night Of), impegnato politicamente e in battaglie umanitarie, qui anche sceneggiatore e produttore insieme al regista, Bassam Tariq, un documentarista all’esordio. Sono entrambi di origini pakistane, e ovviamente hanno particolarmente sentito questa storia, cucendola sulla loro esperienza, una storia raccontata con energia, rabbia, un dinamismo rapsodico eppure trascinante come le esibizioni live di Ahmed, nella vita noto rapper con il nome Riz MC nel gruppo Swet Shop Boys. Mogul Mowgli è un indie che crea un proprio immaginario visivo, oltre che un ritmo, decisamente personale e spiazzante.
Mogus Mowgli fa parte della selezione del Carbonia Film Festival ed è disponibile gratuitamente dal 6 all'8 ottobre su tutto il territorio nazionale attraverso la piattaforma streaming del festival all'indirizzo online.carboniafilmfest.org
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito