Melbourne - la recensione del film iraniano presentato al Festival di Venezia

28 agosto 2014
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Presentato in apertura della Settimana della Critica

Melbourne - la recensione del film iraniano presentato al Festival di Venezia

Il cinema iraniano sta cambiando e ne siamo decisamente contenti. Dimenticatevi le storie di povertà neo realistica, affreschi su una società rurale che sembrava l’Italia di un secolo prima. Dimenticatevi, insomma, le tematiche che negli anni ’90 hanno segnato la scoperta e poi l’innamoramento dei cinefili e dei festival occidentali per quel cinema.

Saranno i problemi di censura, ma le cose più interessanti che arrivano dall’Iran parlano di storie universali, di dilemmi umani e sono meno ossessionate dal contesto sociale e più pronti ad abbracciare il genere. Lo ha dimostrato Ashgar Farhadi con i suoi film e arriva ora il giovane Nima Javidi, classe 1980, con un nuovo ruolo efficace per Payman Maadi, protagonista de Una separazione, e diventato uno dei simboli di questa nuova linfa del cinema iraniano.

Melbourne è un film su una coppia in un momento di svolta, la partenza per andare a studiare nella città australiana sempre ai primi posti nelle classifiche delle città più vivibili al mondo. Mancano ormai poche ore, quelle più frenetiche. Gli ultimi saluti, l’organizzazione dell’arrivo in aeroporto con un amico che vive già lì, i traslocatori come sempre in ritardo per prendere le ultime cose. Un imprevisto renderà queste ore sempre più drammatiche; non più proiettate verso un futuro di speranza, ma ripiegate in un presente in cui il senso di colpa li porrà di fronte a una sfida tremenda.

Melbourne sembra un film di Polanski girato con la semplicità di Hitchcock. Ti mette a tuo agio con un inizio conviviale, spensierato, quasi distratto, per poi prenderti allo stomaco con un senso di angoscia primordiale, come lo sviluppo drammatico degli eventi di un film che ha il ritmo di un thriller e la profondità di un dramma di personaggi. Non troppo originali, ma ben poste, sono le domande che suscita nello spettatore: come reagiremmo di fronte a una messa in discussione della nostra etica? La menzogna e il conseguente senso di colpa sono diavoli tentatori troppo ingombranti per non diventare l’elemento centrale anche di questo film.

Un altro film iraniano che racconta di personaggi in attesa della fuga che proprio appena prima di varcare la soglia vengono trattenuti; che sia dall’amore, dalla colpa o dalla forza centripeta del proprio Paese. Un film che si rinchiude nei piani alti degli appartamenti della media borghesia di Tehran lasciando sullo sfondo i disagi sociali. Un plauso agli attori, che sostengono con umanità una storia tutta costruita intorno a loro: oltre al già citato Payman Maadi anche la moglie nel film, Negar Javaherian.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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