Manhunt: recensione del film di John Woo presentato al Festival di Venezia 2017

09 settembre 2017
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Il grande maestro del cinema di Hong Kong torna al genere che l'ha reso celebre: l'action. E lo fa con leggerezza e (auto)ironia.

Manhunt: recensione del film di John Woo presentato al Festival di Venezia 2017

Il John Woo che ci ha fatto girare la testa e innamorare alla fine degli anni Ottanta con film come A Better Tomorrow o The Killer non c’è più. Non c’è più nemmeno quello di Face/Off, se è per questo.
Lo sappiamo, o lo dovremmo, sapere tutti, e l’impressione che deriva da questo Manhunt è che lo sappia benissimo anche lui. Per fortuna.

Perché in Manhunt, che è il film che segna il suo attesissimo ritorno al cinema action, John Woo non si prende affatto sul serio, e dirige un film felicemente sgangherato giocando con i suoi trademarks più noti e riconoscibili, facendo il cinefilo anche di sé stesso, consapevole che - con tutta probabilità - certe vette non le raggiungerà mai più.
Che se i suoi protagonisti, alla fine, viaggiano verso “a better tomorrow”, per lui il meglio è stato ieri, o anche l’altroieri, e va bene così.

La trama è scontata (un avvocato incastrato per un omicidio che non ha commesso finisce l’allearsi con il poliziotto che gli dava la caccia), la sceneggiatura farraginosa e improbabilissima, con il suo tourbillon di personaggi e di storie incrociate, con la polizia che arriva o sparisce magicamente nel nulla a seconda delle esigenze del racconto.
Ma quando si tratta di sparare, inseguire, menare le mani, ecco che il vecchio John mostra di avere ancora una stoffa che molti registi contemporanei non possono fare altro che invidiargli.

Non ci sono più la potenza visiva o lo spessore narrativo di una volta? No, ma Woo è sempre un talento naturale, e oggi preferisce raccontare l’azione e il romanticismo che gli stanno tanto a cuore con la scanzonata leggerezza di chi non ha più voglia di dover dimostrare niente a nessuno, con la consapevolezza del giocattolo che sta mettendo in piedi, e con l’aria sorniona del vecchio leone che può ancora, a sopresa, dare la sua zampata al momento giusto.

Scatenato, coloratissimo, fumettistico, intriso di sacrosanta (auto)ironia, Manhunt omaggia “i vecchi film”, anche quelli dello stesso Woo nella consapevolezza che non torneranno più, che quella stagione è chiusa e può solo vivere, divertendosi e divertendo, in una rievocazione che omaggia e ammicca senza scopiazzare, e che, salendo sul piedistallo di quel passato che supera spingendo l’acceleratore a tavoletta, guarda comunque avanti, al futuro.
For a new better tomorrow. Forse.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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