Coming Home - la recensione del ritorno al melodramma di Zhang Yimou

20 maggio 2014
2.5 di 5
3

La storia di una coppia che si ritrova dopo 20 anni con la musa Gong Li

Coming Home - la recensione del ritorno al melodramma di Zhang Yimou

Una volta era un innovatore, un pionere del cinema cinese in occidente, ora Zhang Yimou è visto come uno dei grandi vecchi della quinta generazione di autori cinesi. Il regista di Lanterne rosse negli ultimi tempi si è molto dedicato al wuxia e a grandi produzioni in costume che hanno rappresentato una vetrina per la crescente potenza di fuoco produttiva cinese.

Torna ora alle atmosfere più rarefatte del melodramma con la storia di una coppia innamorata divisa dall’arresto di lui durante le purghe della rivoluzione culturale quando viene inviato in un campo di lavoro come prigioniero politico per molti anni. Una volta rilasciato torna a casa, ritrova la giovane figlia pentita per averlo tradito - lei educata nei valori ideologici del partito - ma soprattutto l’amata moglie. Il problema è che quest’ultima non lo riconosce, perché rimasta vittima di una improbabile amnesia selettiva.

Coming Home è un prodotto molto classico, un melodramma che si divide in una prima parte incentrata sulla descrizione della quotidianità della famiglia protagonista in quel disgraziato periodo storico e una seconda in cui si sviluppa il cuore emotivo, melodrammatico del film.

Il devoto marito fa di tutto, con grazia e rispetto, per tornare a vivere l’amore di una volta. Si affida ai ricordi, alla musica che amava suonare alla moglie, alla lettura delle tante lettere che gli aveva scritto durante la prigionia senza poterle spedire. Tutto inutile, apparentemente, ma in realtà utile a capire come l’amore assoluto possa diventare disinteressata protezione alimentata solo dallo sguardo pieno di amore di lei che si ostina ogni pomeriggio ad andare alla stazione sperando nel ritorno del marito lontano, ma in realtà giusto accanto.

C’è poco di originale in Coming Home, vittima di una certa stanchezza didascalica. Fortuna che almeno ci sono due grandi intepreti come Gong Li, che con l’età non ha perso carisma, e Cheng Daoming, che si ritagliano un paio di scene in cui un po’ di sole illumina e dà calore a un melodramma che vorrebbe essere trattenuto, ma risulta in realtà semplicemente poco coinvolgente.




  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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