Last Vegas - la recensione della commedia all star di Jon Turtletaub

23 novembre 2013
2.5 di 5
1

Quattro premi Oscar se la spassano a Vegas

Last Vegas - la recensione della commedia all star di Jon Turtletaub

Prosegue la riscossa degli anziani a Hollywood. Sempre in dubbio sul nome più politicamente corretto per definirli (a noi piace definirli vecchiarelli) una certezza gli executive ce l’hanno: tutti invecchiamo e una nicchia è sempre una nicchia. Il trucco è metterla sul ridere, meglio se in maniera auto ironica. Anche Last Vegas, a suo modo e con le dovute proporzioni, è figlio del successo dei Mercenari; di quel tentativo riuscito, almeno al botteghino, di giocare con il pubblico sugli acciacchi di attori con una forte rilevanza iconica nell’immaginario dello spettatore. La differenza è che qui non parliamo di eroi action anni ’80, ma di mostri sacri della recitazione, quattro protagonisti da Oscar: i benemeriti Robert De Niro, Morgan Freeman, Michael Douglas e Kevin Kline.

Alla fine degli anni ’50 erano inseparabili. Le strade di Brooklyn erano il loro territorio di crescita e di conquista. A distanza di 58 anni li ritroviamo, un po’ dispersi per il paese, ma pronti a ritrovarsi di nuovo per il matrimonio del più ricco fra loro, un Michael Douglas scapolo incallito, iper truccato, incapace di accettare la sua età e pronto a impalmare una trentenne. In tutti questi anni ovviamente non tutto è filato liscio fra di loro, specie fra Douglas e De Niro, che da inseparabili ormai non si parlano più a causa di una questione di donne, ovviamente.

Turtletaub aveva in mano un gruppo di attori sontuoso, oltretutto disposto palesemente a giocare con la loro iconicità pur di divertirsi, pronti all’auto ironia e a lasciar perdere i capricci da star. Il problema è che l’operazione ha i notevoli limiti della rimpatriata fra amici, una struttura da manuale della commedia, la sensazione di un compito svolto meccanicamente. Non manca una riflessione, scontata e prevedibile, sulle difficoltà di tenere viva un’amicizia sincera e viva così a lungo. Detto dei limiti dell'operazione in sé, pur di sicuro impatto sul pubblico, bisogna però sottolineare come ci si diverta, specie nella prima parte, nettamente la migliore del film.

Si ride per alcune battute efficaci, situazioni comiche ben gestite dai nostri arzilli vecchietti, Morgan Freeman su tutti. In molti hanno visto similitudini fra questo film e Una notte da leoni. Inevitabile, con la differenza che il film di Todd Phillips giocava in maniera più anarchica con l’immagine stessa della città del peccato. Insomma in Last Vegas le premesse c’erano tutte, la partenza era da salivazione, poi si inserisce il pilota automatico, confidando troppo sul peso iconico, anche emotivo, dell’allegra brigata.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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