Lanterna Verde - la recensione del film con Ryan Reynolds
Lanterna verde non è nella hit list dei supereroi più famosi, ma presso il nocciolo duro degli appassionati di comics, è uno dei più amati...
Lanterna Verde - la recensione
Lanterna verde non è nella hit list dei supereroi più famosi, non ha la popolarità di un Hulk o degli X-Men, figurarsi di pesi massimi come Batman, Superman o Spider-Man.
Ma presso il nocciolo duro degli appassionati di comics, è uno dei più amati. Lo è per caratteristiche, storia e per la complessità della sua mitologia. Che sia stato realizzato un film incentrato sul personaggio, considerati i tempi che corrono, non sorprende, quindi.
A sorprendere, invece, è la natura ambivalente di questo film, sospeso tra ambizioni narrativamente alte che ricordano quelle del sottovalutato Hulk di Ang Lee, nel declinare il bagaglio del personaggio attraverso il filtro di riferimenti classici e un po’ magniloquenti, e un modo di declinare storia e personaggi che invece ricordano il manicheismo muscolare e (super)eroico di certo cinema degli anni Ottanta.
Basti pensare che l’incipit, la presentazione del protagonista Hal Jordan, presenta più di un'analogia – non solo estetica – con le atmosfere di Top Gun e il carattere del Maverick di Tom Cruise. Come quel personaggio Hal è un pilota di jet spavaldo e spregiudicato, figlio di pilota, refrattario all’impegno e alla responsabilità, che dovrà imparare a sue spese ad accettare la paura (in senso ampio e composito) per riaffermare senza ombre la sua leadership e il suo ruolo eroico.
Proprio come nel film di Tony Scott, però, anche in questo Lanterna verde diretto da Martin Campbell la parabola del protagonista percorre traiettorie tutt’altro che imprevedibili, e la volontà assertiva di un’idea di personaggio finisce con l’appiattirlo su una monodimensionalità che tradisce anche un’idea di (cine)fumettismo ingenua e quasi primordiale.
Certe banalità e certe ovvietà risaltano ancora di più nel contesto di una storia dove – per la natura dei poteri di Lanterna Verde e quelli della nemesi che si è scelto di fargli affrontare – il conflitto tra volontà e paura mira a riflessioni quasi filosofiche da un lato e ad una riflessione forse inconscia sullo stato d’animo collettivo degli Stati Uniti di oggi a 10 anni dal trauma dell’11 settembre.
Perché nelle spire fumose di Parallax che invadono il suolo di San Diego e seminano panico e morte tra la popolazione in strada, in una scena che colpisce per il suo essere fuori tono rispetto ad un contesto ben più fantastico ed edulcorato, è impossibile non leggere un’ennesima raffigurazione del crollo delle Torri Gemelle.
E nella necessità di vincere la paura causata da quella ferita collettiva per sconfiggere la minaccia (che è la paura stessa, che è un’aberrazione della volontà) con uno sforzo di accettazione e superamento, è impossibile non vedere quello che forse è il racconto di un punto a capo già avvenuto nell’incoscio collettivo degli americani.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival