Lamb: la recensione del suggestivo film islandese

20 ottobre 2021
3.5 di 5
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Premiato al festival di Sitges, ad Alice nella città della Festa del cinema di Roma è stato presentato Lamb, opera prima molto interessante dell'islandese Valdimar Jóhannsson. La recensione di Daniela Catelli.

Lamb: la recensione del suggestivo film islandese

Premiato al Festival di Cannes per l'originalità nella sezione Un certain régard, e recentissimo vincitore del prestigioso Festival del cinema fantastico di Sitges, Lamb, opera prima dell'islandese Valdimar Jóhannsson, è anche nella shortlist dei sei film di autori esordienti candidati al premio dell'European Film Academy ed è, effettivamente, sorprendente. Anche se è stato generalmente presentato come un horror soprannaturale, è in realtà difficile – e a nostro avviso è un pregio – affibbiargli un'etichetta di genere. Lamb rientra infatti in quella categoria di film fantastici che hanno a che fare col folklore e con le leggende e diventano al tempo stesso una metafora dei rapporti dell'uomo con la natura, sul tipo di Border, il film svedese coi troll, tratto da un racconto di John Ajvide Lindqvist. Nel 2015 un altro film islandese, Rams, vinse la sezione Un certain régard e anche in quel caso protagonisti erano gli ovini, sia pure senza il sottotesto “extra" naturale. Strani animali le pecore, gli arieti, i montoni e tutte le loro varianti: coi loro musi stolidi dall'apparenza mansueta accompagnano l'uomo soddisfacendo i suoi bisogni di cibo e vestiario fin dalla notte dei tempi, e tra chi si occupa di loro in pianta stabile si stabiliscono rapporti quasi simbiotici.

Al centro di Lamb c'è una coppia senza figli che vive e lavora in una fattoria nei remoti, desertici e nebbiosi paesaggi islandesi alle pendici della montagna, in un silenzio rotto soltanto dalla radio, dal belato delle pecore e dal rumore del trattore e animato dalla presenza degli animali domestici. Tutto procede in quella che sembra una naturale comunione tra due esseri umani e la natura che li circonda (una scelta estrema più comune di quanto non sembri al giorno d'oggi). Come tutti, sia pure in circostanze diverse, Maria e Ingvar leggono, guardano la tv, cucinano e lavorano. Tra i loro compiti c'è anche quello di assistere gli animali nel parto. Ma nei loro gesti ripetitivi e sicuri si legge, appena percepibile, una distanza, nata da una perdita, fino al giorno in cui, di comune accordo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, portano a casa e allevano come una figlia uno di questi agnellini. La piccola, Ada, cresce come uno strano ibrido in cui convivono fattezze umane e animali, un essere incompleto e bizzarro che ricorda una creatura kafkiana (anche se qua l'incrocio non è tra gattino e agnello ma tra bambino e agnello), coccolato e amato, mentre la madre naturale lo reclama e si fa sempre più minacciosa. Tanto che Maria non esita a ucciderla pur di tenere con sé la piccola Ada, il collante di una famiglia nuovamente unita.

Come nelle favole in cui marito e moglie desiderano così tanto un bambino che lo trovano in un fiore o in una noce, e non è ovviamente mai come tutti gli altri per dimensioni o forma, ma è speciale, così la coppia trova in Ada la felicità, e la sua natura, inizialmente disturbante per gli altri, finisce per conquistare anche i più cinici, qua rappresentati dal fratello del protagonista. Ma c'è una presenza che li osserva, ignorata, e che alla fine apparirà a sorpresa a reclamare il suo. Di più non possiamo e non vogliamo dirvi di un film come dicevamo sorprendente e di una storia in cui possiamo leggere molte cose, a seconda della nostra sensibilità, dall'egoismo dei genitori alla natura che si vendica della prepotenza umana, o anche solo la magia di un mondo in cui le fiabe più oscure hanno ancora una forma di verità. E dove potrebbero ancora vivere le creature fatate se non in quegli immensi paesi  del Nord in cui la presenza umana è così scarsa? Girato benissimo, con una grande attenzione all'aspetto visivo e sonoro e interpretato con una forza e un'intensità magnetiche da quell'ottima attrice che è Noomi Rapace, Lamb non deluderà chi al cinema contemporaneo chiede un po' di fantasia e di audacia in più, o storie capace di lasciarlo perplesso e curioso anche dopo la parola fine.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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