Tchaikovsky's Wife, la recensione del film di Kirill Serebrennikov in concorso a Cannes 2022

18 maggio 2022
2.5 di 5
6

La vera storia della sfortunata moglie del celebre compositore russo viene raccontata in un melodrammone elegante e a tratti visionario, nel quale però latita l'empatia per personaggi non molto simpatici.

Tchaikovsky's Wife, la recensione del film di Kirill Serebrennikov in concorso a Cannes 2022

Una cosa la si può dire senza timore di smentita. Spero. Cioè che il russo (ma esule in Germania) Kirill Serebrennikov di tante cose può essere accusato da parte di critici e spettatori, sicuramente, ma non certo di riproporre sempre lo stesso cinema. La stessa idea, di cinema.
Per limitarci agli ultimissimi anni, quelli che a Cannes l'hanno sempre visto in corsa per la Palma d'oro, Summer, Petrov's Flu e questo suo nuovo Tchaikovsky's Wife (che poi vorrebbe dire La moglie di Čajkovskij) sono tre film che come storia e messa in scena hanno davvero pochissimo a che vedere tra loro.
Anche se, ovviamente, rappresentano per il loro autore tessere di un mosaico che ricompone storia passata e recente, ma anche spirito e contraddizioni, di quella Grande Madre Russia che anche per questo l'ha visto e considerato come un figlio scomodo, e da silenziare.
Anche se, forse, in qualche modo qualcosa di Petrov's Flu, con modi e tempi decisamente diversi, qui c'è entrato.
Perché, a ben vedere, Tchaikovsky's Wife è un serissimo e drammaticissimo melodramma storico, privo di ogni forma di levità, che a tratti, in maniera via via più evidente, ma sempre sottile e mai insistita, gioca con la logica delle immagini e della trama per mettere in scena un pensiero febbricitante e vicino alla follia, quello della protagonista del film.

La questione, allora, è tale da dividere il film nettamente a metà. Da una parte la sua storia, dall'altra la sua messa in scena. Una messa in scena che, piaccia o meno (e può facilmente non piacere), è figlia di una mano e di occhio attenti e intelligenti, al servizio però di una storia, di una trama e di dei personaggi che rischiano fortemente di irritare lo spettatore. Esattamente come Antonina Miliukova, sfortunata moglie di Čajkovskij, irrita il celebre marito.
Il fatto è che, magari non sono in molti a saperlo, anche perché in generale non dovrebbe importare come invece importa in questo film e in questa storia, il grande compositore era omosessuale. E il fatto è che Antonina s'invaghì a tal punto di Pëtr Il'ič da farsi sposare, forse anche per ragioni di comodo e convenienza da parte del musicista che aveva così una copertura ufficiale, ma con esiti disastrosi. Tanto che prestissimo arrivò una separazione che non sfociò mai in un divorzio per via della testarda ossessione di Antonina per l'uomo che amava.

La storia del film di Serebrennikov, allora, è la storia di un'ossessione amorosa tanto folle da spingere colei che la prova verso il baratro della pazzia, rifiutandosi di abbandonare un marito che non la voleva più nemmeno vedere da lontano, che non la poteva amare, e che sarà dai lei tormentato per tutta la vita.
Il problema è che, sarà una mia lacuna emotiva, per Antonina in Tchaikovsky's Wife non si prova mai un briciolo di empatia
, e anzi, appunto, si finisce per provare irritazione. Anche perché Serebrennikov fa poco o nulla per spiegare questa ossessione nata dal nulla, o per mostrare Antonia come qualcosa di diverso da una donna che non vuole arrendersi nemmeno alle più logiche evidenze, o ai più che onorevoli compromessi.
Per contro, anche Čajkovskij esce maluccio dalla storia di questo film.
Quel che rimane in mano, allora, oltre a quel certo fastidio per questi personaggi così poco appetibili, così esagerati, così meschini, è l'impianto formale e formalista del regista, che racconta di un mondo aristocratico e borghese che sta sprofondando nel dolore, nella melma, nei liquami, nella miseria più inacidita. Un mondo fatto di messe in scena, di ipocrisie, di regole assurde che nascondono crudeltà fisiche e psicologiche, decadenze voluttuose, allucinazioni psicotiche dalle quali non ci si riprenderà mai.
Nemmeno con la Rivoluzione che arriverà nell'anno stesso in cui Antonina morirà, sola, in manicomio    



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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