La mia famiglia a soqquadro: recensione della commedia indipendente con Marco Cocci
Un bambino decide di far separare i genitori, per non essere da meno dei suoi coetanei.
Martino (Gabriele Caprio), mandato da papà Carlo (Marco Cocci) e mamma Anna (Bianca Nappi) a una scuola media privata, si sente un pesce fuor d'acqua: i suoi compagni sono tutti figli di genitori separati, viziati da madri e padri che si contendono il loro affetto con regali e viaggi di tutti i tipi. Non c'è che una cosa da fare: spingere i genitori a divorziare, magari facendo leva sull'apparizione di un'ex-spasimante del babbo, la bella Paola (Elisabetta Pellini). Lo stratagemma gli sfuggirà di mano...
La mia famiglia a soqquadro è l'opera seconda di Max Nardari, regista e produttore indipendente, che in quattro settimane ha girato una versione allargata (in durata e temi) di un suo cortometraggio del 2008, Il regalo più bello. Porre l'accento sull'indipendenza produttiva e distributiva potrebbe sembrare incoerente con il tono e la confezione da commedia "commerciale" del film, invece è importante: il lungometraggio è già stato venduto all'estero, non istradandosi quindi in quello stereotipo che associa l'indipendenza a prodotti ombelicali. L'indipendenza di Nardari è nell'assenza di localizzazione chiara della vicenda, insieme all'assenza di caratterizzazione dialettale o locale di personaggi e tematiche: curiosamente, questo dà al film un respiro più internazionale delle produzioni a cura di realtà nostrane più organizzate, che mirano più spesso a catalizzare l'attenzione del mercato locale.
La mia famiglia a soqquadro si basa su un'idea politicamente scorretta, nel senso più intelligente e meno abusato della definizione: non è mai volgare o sgradevole, ma con le armi del paradosso compromette l'immagine pura dell'infanzia, senza però mai negarne l'ingenuità e la buona fede, allo scopo di ricavarne un messaggio morale. Nardari, per la sceneggiatura scritta con Fausto Petronzio, si è ispirato al libro di sua madre Renea Rocchino Nardari, "Figli violati", calandone però le tematiche in una commedia degli equivoci che fa molto affidamento sugli attori, tutti piuttosto in parte: funzionano Marco Cocci e Bianca Nappi, ma anche il resto del cast (con una divertita Eleonora Giorgi nei panni della nonna) sembra servire il film volentieri. Nel calderone di temi che la storia tocca, dalle separazioni al bullismo, dal culto delle cose alla realizzazione personale, la tanta carne a cuocere si scontra con un registro da fiction non esente da spiegoni, è vero. Nonostante questo, il nucleo emotivo che regge la vicenda non viene mai meno, forse perché si appella a timori che in tanti condividono: in primis il timore che una circostanza malinconica sia accettata come norma, ma anche il timore di essere soli come Martino (o come il babbo Carlo) a costruire una scala di valori alternativa a quella insicura che tutti danno per scontata.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"