L'orso Yoghi - la recensione del film tratto dal celebre cartoon
La Warner Bros rilancia al cinema l'Orso Yoghi, miscelando animazione e live-action sulla scia del successo di Alvin e Scooby Doo. Se avete dei bambini, non li insulterete portandoli a vedere un prodotto pensato essenzialmente per loro.
L'orso Yoghi - la recensione
Nato nel 1958 come personaggio secondario del Braccobaldo Show, l'Orso Yoghi, predatore dei cestini dei campeggiatori nel parco di Jellystone, inventivo e simpatico, sempre in compagnia del fido Bubu e in bonomico contrasto con il Ranger Smith, ebbe l'onore di una propria serie tv a partire dal 1961. Tra alterne fortune, Yoghi è sopravvissuto sul piccolo schermo fino alla fine degli anni Ottanta, con serie e special, generando all'apice del successo nel 1964 il primo lungometraggio animato per il cinema di Hanna & Barbera, Yoghi, Cindy e Bubu, recentemente proposto in dvd anche in Italia.
Nel 2010 Yoghi torna nelle sale in una combinazione di animazione digitale (per il protagonista e la sua spalla) e riprese dal vero (per l'ambiente e tutti gli altri personaggi), proposta più volte in tempi recenti per i personaggi di Scooby Doo, o anche Garfield, Sansone e Alvin, di autori diversi. Ciò non è il migliore biglietto da visita: l'allungamento di avventure di corto respiro (se non di vignette e strip!) alla durata del lungometraggio ha aiutato poco gli illustri colleghi dell'orso, che nel caso di Garfield hanno subito tradimenti dello spirito originale e nel caso di Scooby Doo una micidiale deriva scatalogica verso peti e rutti. Nonostante un pericoloso accenno a quest'ultima in un dialogo iniziale, per una volta la trasposizione ci è apparsa più indolore.
In primo luogo il carattere dei due orsi e il registro delle loro conversazioni e azioni non è stato immotivatamente forzato in territori inesplorati: un buon risultato, anche se, come rovescio della medaglia, i due non risultano in tal modo sufficienti a mandare avanti da soli la trama di un intero film (nel vecchio cartoon cinematografico c'era anche l'orsa Cindy, qui latitante). L'elemento umano si spinge quindi oltre e il ranger Smith viene affiancato da altri elementi secondari, tra cui la sua spasimante ricercatrice interpretata da Anna Faris e un politico cattivo intenzionato a radere al suolo Jellystone. La loro presenza dilaga e limita, forse anche per questioni di budget, le scene con Yoghi e Bubu: purtroppo è sempre meglio vedere personaggi cartoon che attori impegnati a recitare come cartoon, ed è in quest'ultima soluzione che il film sceglie davvero la strada del pubblico infantile.
Il secondo fattore positivo da valutare è che alla fine degli anni Cinquanta, passando dal cinema alla tv, Hanna & Barbera furono considerati i responsabili di un decadimento tecnico dell'animazione: le limitazioni delle loro serie tv, studiate per mantenere bassissimi i costi, portavano a inquadrature piatte, movimenti ridotti o ripetitivi, rigidità dei corpi, riciclaggio di sequenze. Lo stesso Yoghi aveva il colletto per evitare agli animatori di ridisegnargli il collo e parte del corpo in ogni fotogramma. Paletti nei migliori dei casi ampiamente compensati dalla genialità di alcune loro caratterizzazioni, ma qui addirittura assenti grazie all'articolato lavoro di animazione digitale della Rhythm and Hues, non troppo fotorealistico, espressivo e rispettoso anche dell'incedere dell'orso.
Se rimane inevitabilmente agli americani e a noi la nostalgia per i doppiatori storici di Yoghi (rispettivamente, Daws Butler e Francesco Mulè, sostituiti da Dan Aykroyd e Fabrizio Pucci), L'orso Yoghi riesce comunque in tempi di riesumazioni, pur con i suoi limiti, a non suonare come un insulto alla sua fonte.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"