L'incredibile storia dell'Isola delle Rose: la recensione
Una commedia divertente e intelligente, ben costruita e ben interpretata, che porta al cinema una storia vera che non solo è incredibile, ma anche bellissima. Disponibile streaming su Netflix dal 9 dicembre. La recensione di Federico Gironi.
Quella raccontata nell’Incredibile storia dell’Isola delle Rose non è solo una storia incredibile, come giustamente rivendica e mette in bella evidenza il titolo. È anche una storia bellissima.
Una storia che non ci si crede abbia dovuto aspettare più di cinquant’anni per essere raccontata al cinema, dal nostro cinema, perché è una di quelle che, a Hollywood (tanto per citare un posto a caso), a quest’ora avrebbe già ispirato un paio di documentari, un filmone da Oscar, e una serie tv su Netflix.
E però poi in qualche modo le cose accadono sempre quando devono accadere, e a pensarci bene forse non c’è stato un periodo più adatto di questo, nella storia del nostro paese degli ultimi cinquant’anni, per raccontare di Giorgio Rosa e della sua utopia. Perché mai come oggi, negli ultimi cinquant’anni, c’è bisogno di qualcosa e qualcuno che ci ricordi quanto siano importanti certe cose.
Che non sono la rivoluzione, né semplicemente l'anticonformismo, che il conformismo dominante è stato in grado di soggiogare e far diventare, in moltissimi casi, una declinazione di sé en travesti, il conformismo dell’anticonformismo, ma che è la capacità di slanci ideali di fantasia e immaginazione che siano davvero liberi, e laici, estranei se non addirittura diffidenti nei confronti di ogni ideologia codificata, e quindi limitante.
In un caso come nell’altro - mancanza inspiegabile finalmente sanata, e capacità di tirar fuori la vicenda nel momento giusto - i complimenti vanno fatti a Sydney Sibilia (regista) e Matteo Rovere (produttore), soci fondatori di Grøenlandia, che questo film l’hanno pensato, cercato e voluto. E realizzato, con la complicità - guarda un po’ - di Netflix.
Semplificando, perché la divisione non è così netta e manichea, e le linee temporali sono intrecciate, la prima parte dell’Incredibile storia dell’Isola delle Rose è quella in cui il film presenta la vicenda e i suoi protagonisti: che poi sono soprattutto il Giorgio Rosa di Elio Germano - che è credibile nel suo accento bolognese e che è un piacere vedere nuovamente alle prese con un ruolo leggero - e il suo sogno di creare un luogo dove il suo pensare e vivere eccentrico (e libero da ogni condizionamento, come dimostra il suo ‘68 senza ‘68) potesse esprimersi senza costrizioni o imposizioni esterne. Un sogno magari ingenuo, sicuramente megalomane, ma sincero e ruspante, e che non può non ispirare simpatia: la versione emiliano-romagnola dell’utopia hippy statunitense, la risposta al ragù della Summer of Love della east coast americana.
La seconda parte del film, invece, si concentra sul contrasto tra Rosa e il Governo italiano, quel Governo che in quei mesi vedeva Giovanni Leone alla Presidenza del Consiglio e come Ministro dell’Interno quel Franco Restivo che diverrà il più determinato e acerrimo nemico dell’utopia di Rosa, che rappresentava un sogno pericolosissimo agli occhi di una classe politica rigida, conservatrice, del tutto fuori sincrono con quello che stava avvenendo nella società italiana e mondiale, e che pure, nella sua composta ma spietata efficienza, fa risaltare ancora di più certa cialtroneria generalizzata dei nostri tempi.
Per Restivo e per il governo italiano, l’impresa di Rosa - che probabilmente si sarebbe esaurita da sola nel giro di poco tempo - rappresentava una provocazione e un precedente inaccettabile, e come tale da eliminare, costo di portare avanti la prima e unica “guerra d’invasione” nella storia dell’Italia repubblicana.
È chiaro che a Sibilia (e a Francesca Manieri, sua ottima co-sceneggiatrice) la voglia di rivoluzione creativa - e non distruttiva né avversativa - di Rosa stia a cuore tanto quanto il suo conflitto con un sistema che non vuole prevedere cambiamenti né eccezioni. Lo dicono chiaramente, in una scena studiata appositamente: il cuore del film sta nella dialettica tra diritto positivo e diritto naturale; tra le regole di una società e il libero arbitrio del singolo
La storia incredibile e bellissima che raccontano ha, per loro, una risonanza forte nel nostro presente, dove il conformismo e la repressione della libertà di pensare, e vivere, al di fuori di ciò che viene giudicato normale e legittimo, ha assunto forme meno grigie e ingessate della politica di un tempo, ma ha pervaso comunque la nostra società e, peggio ancora, le menti delle persone, che si condizionano da sole prima ancora di farsi condizionare da altri.
E se l’epilogo amaro del loro film ha tanta presa sullo spettatore, non è solo perché il racconto funziona, o per quel giusto tocco di romanticismo dato dal rapporto tra Guido e la sua Gabriella (Matilda De Angelis): è anche perché il dolore che provano per quel sogno infranto è sincero e sentito.
Da qualsiasi lato lo si guardi, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose pare un prodotto cinematografico popolare quasi inaffondabile: Andrea Doria e Incursori della Marina, fatevi avanti.
La sceneggiatura precisa, articolata, infarcita di battute divertenti e riflessioni intelligenti; una ricostruzione d’epoca che mescola la tradizione artigianale del nostro cinema con le tecnologie contemporanee; un cast azzeccatissimo: non solo Germano e De Angelis, ma comprimari assai meno noti ma non meno valido, come il Leonardo Lidi che fa Michele, per fare un solo esempio. Ma, soprattutto, un Fabrizio Bentivoglio ironico e ispiratissimo nei panni del Ministro Restivo, notevole valore aggiunto a un film comunque ispirato di per sé.
Un film dal quale, si spera, tutti noi potremo trarre qualche piccola ma importantissima ispirazione per liberarci dagli stessi schemi mentali e dalle obsolete concezioni di cui, qualche anno fa, cantava Morgan assieme ai suoi Bluvertigo. E ricominciare a sognare e a rimboccarci le maniche per modellare il nostro mondo e il nostro futuro (privato, ma anche pubblico) osando sognare e inventare forme nuove e più dinamiche di quelle che ci circondano.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival