Le jeune Ahmed: recensione del dramma sulla radicalizzazione dei fratelli Dardenne in concorso a Cannes 2019

20 maggio 2019
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Un giovane si avvicina da un giorno all'altro alle posizioni fondamentaliste di un imam locale.

Le jeune Ahmed: recensione del dramma sulla radicalizzazione dei fratelli Dardenne in concorso a Cannes 2019

I fratelli Dardenne sono da un ventennio fra gli autori del cinema sociale europeo di riferimento, grazie al Festival di Cannes, che li ha lanciati nel panorama internazionale fin dalla sorprendente Palma d’oro nel 1999 per Rosetta. Da quel momento non sono mai mancati sulla Croisette, continuando a raccogliere in giro per l’Europa i modesti budget necessari per continuare a raccontare situazioni sociali ai margini, spesso utilizzando il punto di vista di adolescenti o giovani. Il loro stile è diventato inconfondibile, con la camera a spalla a pochi centimetri da un protagonista spesso in movimento, contemporaneamente al centro e alla periferia della vicenda narrata. Uno stile che ha ispirato tanti registi, e che non cambia poi tanto neanche nel loro tentativo di intercettare un fenomeno politico e sociale cruciale di questi anni: il terrorismo con passaporto europeo. La radicalizzazione delle famiglie di origini arabe è stata al centro della cronaca anche, se non soprattutto, nel loro Belgio, alle prese con una riflessione non semplice sugli attentati che hanno devastato il paese e reso pericolante la ricetta sull’accoglienza degli immigrati di prima o successive generazioni.

Ancora una volta la chiave d’ingresso scelta è quella di un giovane, Le Jeune Ahmed del titolo. Un tredicenne proveniente da una famiglia della piccola borghesia dalle origini arabe e dalle abitudini totalmente laiche. Della sua famiglia vediamo poco, sappiamo che il padre non c’è più, che la madre beve un paio di bicchieri di vino, che la sorella si veste come le pare, anche scollata, ma anche che Ahmed ha abbandonato da poco tempo la Playstation e la vita comune a milioni di adolescenti di tutta Europa per una costante frequentazione con un giovane imam localeSentiamo parlare di un cugino, martire per il terrorismo in qualche imprecisata occasione, mentre Ahmed da un giorno all’altro non vuole dare più la mano alla sua amata maestra, che da quando è piccolo le è stata vicina, aiutandolo con la sua dislessia; “non sono più un bambino e lei è una donna, il Corano vieta che la tocchi”. Sono tante le letture fondamentaliste, iper letterali e comuni alle correnti più radicali dell’Islam, quelle portate avanti dall’imam.

Per la prima volta i Dardenne spostano lo sguardo dal consueto milieu sociale del proletariato bianco per raccontare una famiglia di origine magrebina.

Ahmed è un ragazzo sempre col grugno, che non sorride mai e sembra trovare in una visione ciecamente estrema della religione un nuovo significato ai turbamenti dell’adolescenza in arrivo. I Dardenne lo hanno scelto e lo ritraggono come fosse un impunito ragazzo che somiglia ai protagonisti dei loro primi film, come se questi vent’anni non fossero passati, e la società sia sempre la stessa. In nome di un minimalismo in cerca di non si sa quale oggettività cadono in un glaciale ritratto da laboratorio, senza dare informazioni su di lui o sulle persone intorno, lasciando una sola dimensione ad Ahmed, convinto di dover portare a termine una missione privata in nome di Allah, contro tutto e tutti.

Intorno a lui nessuno è riuscito a capire per tempo cosa stesse accadendo, sembrano dirsi e dirci i Dardenne, con un ragionamento fra il progressista e il politicamente corretto; abituati a simpatizzare per i loro protagonisti, sembrano qui in difficoltà nel problematizzare il soggetto principale della loro storia, banalizzando le scelte individuali di Ahmed, come fossero i capriccio di un ragazzino che smette di fare uno sport per sceglierne un altro. In questo modo, non contribuiscono al dibattito cruciale sulle ragioni e il terreno di maturazione delle radicalizzazioni.

Non si preoccupano troppo di fornire elementi, almeno domande, non certo soluzioni, per un’analisi seria su cosa spinga ragazzi totalmente inseriti a rinnegare i valori con cui sono cresciuti. Le jeune Ahmed risulta una storia inerte come l’espressione del suo robotico (e poco convincente) protagonista, in cui sembra sempre in arrivo una svolta che si fa attendere, fino a un finale che banalizza ancora di più il percorso del ragazzo.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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