L'effetto acquatico: recensione della commedia romantica al cloro franco-islandese
Ultimo film uscito postumo della regista Solveig Anspach.
La vita di Solveig Anspach, così come la sua carriera di sceneggiatrice e regista, è sempre stata dominata da uno sdoppiamento, dal dualismo fra il suo paese di origine e la sua formazione parigina, anzi di Montreuil, piccolo paese della periferia di orgogliosa tradizione comunista, nei cui caffè modesti ma vivaci si è sempre rifugiata, lontano dai luoghi di tendenza, in quei grigi viali e palazzi in cui ha ambientato i suoi film. L’ultimo, L’effetto acquatico, è definitivamente tale vista la scomparsa della Anspach nell’estate 2015 per la recidiva di un cancro con cui aveva già lottato anni fa, raccontandolo nel suo primo film, Haut les coeurs!, inedito in Italia come la maggior parte dei suoi lavori.
Un’immersione della vita nel cinema che è una costante nella filmografia della regista islandese, legata ai luoghi in maniera tale da renderli protagonisti, così come in Queen of Montreuil, racconto dell’elaborazione del lutto di una donna a cui muore il marito. Proprio da quel film la Anspach ha ripreso i protagonisti di questo lavoro uscito postumo, proponendoli in veste diversa, regalandogli un pecorso di crescita.
Si tratta di una commedia ad alto tasso di cloro ancora una volta con una struttura narrativa doppia, dedicata alle sue due case: una prima parte a Montreuil e una seconda in Islanda, nella consueta fuga che più di rinuncia sa di moto perpetuo febbrile di chi non sa se la fiducia assoluta nelle persone sia ben riposta o meno e ha bisogno di mettere alla prova prima se stesso. Samir è un lungagnone che lavora come operatore di gru, il mondo lo capisce solo dall’alto e rimane lì in cima anche dopo il lavoro per ascoltare della musica e fumarsi una sigaretta; una sera incontra in un bar Agathe, non ci parla neanche, ma se ne innamora, e fa di tutto per iscriversi ai suoi corsi di istruttrice di nuoto nella piscina comunale di Montreuil, orgoglio locale. Il problema è che sa nuotare bene, mentre lei insegna ai principianti e non ama i bugiardi. Alto e allampanato lui, piccolina ed elettrica lei, sono una coppia di cui da subito siamo noi spettatori a innamorarci. Un film di sguardi che dicono tutto e si allontanano dall’interlocutore, di frasi borbottate per timidezza, di persone in cerca del conforto dell’acqua di una piscina, liquido amniotico in grado di rompere il senso di inadeguatezza nei confronti del mondo che c’è là fuori.
Agathe necessiterà di un viaggio in Islanda, fino alle piscine riscaldate più remote, per dirsi ad alta voce quanti gesti romantici abbia compiuto per lei il goffo Samir. Una Kaurismaki senza cinismo e con una punta della magia di Gondry, la Anspach ama la libertà che confina con la follia, adora i suoi personaggi - di cui delinea le fragilità con grande tenerezza - fino ai ruoli di contorno, quelli che rendono L’effetto acquatico molto divertente, oltre che buffamente romantico.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito