Justin e i cavalieri valorosi - la recensione del film d'animazione
"Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto…" Lo faceva Ludovico Ariosto nell’"Orlando furioso", e lo fa anche lo spagnolo Manuel Sicilia in questo piccolo film d’animazione patrocinato da Antonio Banderas.
"Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto…"
Lo faceva Ludovico Ariosto nell’"Orlando furioso", e lo fa anche lo spagnolo Manuel Sicilia in questo piccolo film d’animazione patrocinato da Antonio Banderas (che si ritaglia anche il ruolo di voce di un forzuto vanesio e senza cervello; in Italia non lo sentiremo mai) che ha un piede in Europa e l’altro negli Stati Uniti.
Ma tra il poema cavalleresco ariosteo e Justin e i cavalieri valorosi passano sei secoli (consideriamo solo il dato cronologico, per cortesia), evidenti nel taglio ultrapop che Sicilia e il suo team hanno voluto dare alla loro opera.
Sul piano dei temi, che il protagonista sogni il ritorno della cavalleria e del suo portato eroico e sentimentale in un mondo dove la burocrazia e l’eccessiva normativa legislativa hanno appiattito e ingrigito un po’ tutto, è uno spunto sul quale c’è poco da ricamare; è da leggere anzi soprattutto come una rivendicazione infantile al diritto a un’avventura libera dai legacci delle regole imposte dal mondo adulto. Anche se, a dirla tutta, l’idea del ritorno ad un etica e una morale nobili, interiorizzate per convinzione e non per costrizione, ha una sua attualità piuttosto ficcante.
Ma Justin e i cavalieri valorosi è un film chiaramente indirizzato al pubblico dei bambini, che offre poche sponde ai loro accompagnatori rispetto ai prodotti d’animazioni delle grandi major, e tutto rimane in superficie. Sicilia e i suoi si concentrano sulla forma, con un’animazione tutto sommato curata considerata la dimensione della produzione, dal character design cartoonesco e texture attentamente realizzate. E si concentrano su un arco narrativo lineare, essenziale e archetipico che arricchiscono di richiami pop e di gag dal gusto tutto contemporaneo.
Così, finisce che Justin e i cavalieri valorosi non strutturi un’identità personale forte e si aggrappi ai tanti richiami (spesso trasversali tra estetica e contenuto) che vanno da Star Wars al Signore degli Anelli, passando per citazioni di Highlander, Scontro di titani, Dragon Trainer e perfino una strizzata d’occhio veloce ai film di zombie e alle animazioni in stile Terry Gilliam.
Tanto, forse troppo, e mai realmente incisivo; come gli alleggerimenti comici del personaggio di un cavaliere cattivo ed effemminato forse modellato su Legolas e quelli del mascellone vanitoso doppiato da Banderas. Più funzionali, invece, nella loro caricaturalità, quelli di un mago cicciotto e schizofrenico e di un monaco nervosetto col nome di un amaro: Braulio.
In fondo, però, ai bambini tutto questo importa poco. Loro guardano l’avventura, si emozionano, si divertono, e son contenti così. I grandi, allora, possono godere di più guardando coi loro occhi; o semplicemente a loro.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival