Just Like a Woman - la recensione del film con Sienna Miller

L'americana Marilyn (Sienna Miller) perde il lavoro e scopre che suo marito la tradisce: abbastanza per mollare tutto e dirigersi a una competizione di danza del ventre, recuperando sogni sopiti. La sua fuga si fonde con quella di Mona (la Golshifteh Farahani di Pollo alle prugne), nordafricana vessata da una suocera che l'incolpa della sua (apparente) sterilità. L'amicizia alimentata dai loro destini sarà messa a dura prova quando una delle due diventerà involontariamente una fuorilegge. 

Il regista e sceneggiatore francoalgerino Rachid Bouchareb ha dedicato la sua carriera a esporre il rapporto tra il mondo arabo e quello occidentale, in varie declinazioni, conflittuali o positive. Questa volta veicola i temi rifacendosi al modello del Thelma & Louise scottiano. Alcune immagini funzionano: i disco-pub della provincia degli Stati Uniti che accettano l'esotico solo come folklore (poche differenze tra il country estremo e la danza del ventre?), o i paesaggi naturali sconfinati testimoni di limiti sociali forse invalicabili. Encomiabile anche l'idea di associare i destini delle due donne, appartenenti a culture in teoria agli antipodi, ma poi uguali nel farle dipendere dalle decisioni maschili. 

Al di là però delle buone intenzioni e degli sprazzi suggestivi, l'impalcatura e lo svolgimento del racconto sono molto banali e prevedibili, tanto da stemperare ogni denuncia e ogni asprezza in un tono tiepido da film tv, pronto per il palinsesto generalista di prima serata. 

I picchi di crudezza di Thelma & Louise sono accuratamente evitati: perseguire l'effetto-shock non è di certo un obbligo, ma le ambizioni e i temi trattati, senza il sostegno di alcun vero picco emotivo o formale, non possono che rimanere acerbi e schematici.