ISIS, Tomorrow. The Lost Souls of Mosul: recensione del documentario presentato al Festival di Venezia 2018
La città occupata per anni dai terroristi dell'Isis nelle parole dei sopravvissuti.
Un ragazzo di 12 anni, o sarebbe meglio dire ancora un bambino, cammina al tramonto in una delle tante vie di fango e terra di Mosul, città irachena ormai cumulo di rovine dopo anni di guerra e tre anni di occupazione da parte dell’ISIS, che ne ha fatto la capitale dell’area nord del suo Stato Islamico. “Penso alla mia famiglia, che hanno ucciso davanti ai miei occhi”, dice, rievocando l’iniziale accoglienza piena di speranza di molti abitanti, all’arrivo di Daech in città. L’antica Ninive, capitale assira sul fiume Tigri citata anche nella Bibbia, è il luogo scelto da due documentaristi italiani, Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi, per raccontare, a distanza di mesi dalla riconquista della città da parte dell’esercito iracheno, cosa è rimasto dell’ISIS, cercando di capire se è realmente un fenomeno facente parte del passato, seppure molto prossimo e tragico, anche nel nostro continente.
Lo spessore di un documentario spesso lo si misura più dal lavoro svolto fuori campo, prima di accendere la telecamera, come conferma anche ISIS, Tomorrow - The Lost Souls of Mosul. Il valore aggiunto - e inedito - del film sta nella possibilità di accedere nei campi in cui sono stati sistemati i militanti dell’ISIS, ma soprattutto i loro famigliari, donne, e con loro bambini, che vengono rinchiusi con le madri, “anche se sappiamo che loro non hanno colpe”, come dice un esponente dei servizi segreti iracheni. Particolarmente interessanti, drammatiche e dal sapore realmente inedito sono le interviste ai bambini e alle donne cresciute nella fede del culto personale, ma più spesso dei loro mariti, per il jihad. Ci sono donne pentite e ragazzi ancora convinti della giustezza morale delle loro posizioni contro i miscredenti. In comune il dolore e la disperazione, che regnano anche al di là delle recinzioni del campo, fra gli abitanti di una città (una volta) di un milione e mezzo di abitanti.
Particolarmente coraggiosa, e anche controcorrente, è la volontà dei registi di sentire le ragioni del ‘nemico dell’occidente’, a cui viene data una voce e diverse identità singola, estrapolandole dalla nebulosa, ma anche inutile, raffigurazione come un pericolo informe e mortale. Quando ancora molte città europee vivono nel ricordo, se non nella paura ancora viva, ISIS, Tomorrow sostiene come chi è rimasto sta covando la rabbia e la voglia di vendetta, alimentata da uno stato che li esclude e li perseguita, negandogli un documento, e con questo il diritto ai servizi base di cui ogni cittadino può beneficiare. Un futuro Califfato, libero da ogni kefir (infedele), è ancora un obiettivo vivo nella testa e nei cuori di migliaia di reduci del sogno fallito di Daech, ormai irrecuperabili, per cui la guerra è connaturata all’esperienza di musulmano, visto che il più grande sogno è il martirio.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito