La recensione del cinecomic Iron Man

30 aprile 2008
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Dopo Spider-Man, Hulk, gli X-men, i Fantastici Quattro e tanti altri, è il leggendario Iron Man (alias l'industriale Tony Stark) l'ennesimo supereroe Marvel a sbarcare sul grande schermo. La regia del progetto è stata affidata a Jon Favreau, che ha compiuto scelte originali e filologicamente corrette. Vediamo quali.

La recensione del cinecomic Iron Man

Iron Man - la recensione

Nel sempre più sterminato panorama dei cinecomic contemporanei, l’Iron Man diretto da Jon Favreau si va a collocare in uno spazio di difficile definizione.
Non è infatti un film dalle ambizioni chiaramente autoriali e dai colti riferimenti come poteva essere l’Hulk di Ang Lee, ed è assai lontano dalle piatte operazioni che hanno riguardato tra gli altri puri e semplici pop corn movie come i due Fantastici Quattro. E mantiene anche un certa quel distanza da quanto realizzato da Sam Raimi con la trilogia di Spider-Man, che pur risulta un evidente modello del quale si è cercato di ricalcare alcune strutture.

Quel che è evidente è che quello di Favreau è un film che abbraccia in pieno la sua matrice fumettistica – filologicamente e dal punto di vista del puro feeling – e che proprio in virtù di questa correttezza e questa fedeltà punta assai di più sulla costruzione delle vicende, sul ritratto delle psicologie dei personaggi che non sullo sbandieramento costante e (in)controllato di effetti speciali e scontri spettacolari. A Tony Stark nel film viene domandato cosa ne pensi della definizione di "moderno Leonardo da Vinci": ecco, nel rapporto con la tecnologia e gli effetti speciali, Iron Man è un film che tenta - coraggiosamente - la carta dell’umanesimo.

Cuore pulsante della narrazione non sono infatti come in analoghi prodotti battaglie e scontri, ma proprio lui, il personaggio interpretato da Robert Downey Jr., ambiguo, tanto sincero nel suo voltare le spalle alla produzione di armi che lo ha reso sfacciatamente ricco quanto dichiaratamente incapace di rinunciare ad un edonismo che gioca un ruolo di non secondaria importanza nella sua trasformazione in Iron Man.
Downey, da ottimo ed intelligente interprete qual è, trova senza troppi problemi la giusta misura ed il bilanciamento tra serietà e (auto)ironia, riuscendo a rendere con convinzione le luci e le ombre di un personaggio tutt’altro che bidimensionale; e dal punto di vista attoriale, va detto che le spalle a sua disposizione sono più che degne: da Terrence Howard che oramai è più di una piacevole conferma ad un Jeff Bridges che ritrae con efficacia sorniona un villain chiaramente ricalcato sulla figura di Nick Nolte nel citato Hulk, passando per una Gwyneth Paltrow bella come mai prima e solo in apparenza relegata ad un ruolo secondario e passivo.

Un protagonista ben caratterizzato ed interpreti efficaci quindi, al servizio di una trama dai (forse fin troppo) espliciti intenti politici: lo strapotere e le ambiguità delle industrie belliche raccontate attravreso la parabola di Tony Stark e dei suoi collaboratori sono infatti realtà ben note, e già prima che questo film fosse pensato si son fatti progetti ed esperimenti relativi ad esoscheletri ipertecnologici con cui armare i soldati del futuro.
Ma anche in questa chiave “ideologica”, Iron Man nel complesso non esagera, semplificando ma non banalizzando la materia e descrivendo ellitticamente una realtà tristemente attuale.

Rimane nel complesso un rimpianto: peccato che Favreau non sia stato in grado di regalare allo spettatore quella vertigine spettacolare (assai necessaria, anzi, fondamentale in un film del genere) che caratterizzava le scene più emozionanti e coinvolgenti della trilogia di Raimi.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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