Io sono tuo padre: la recensione del dramma di guerra con Omar Sy
Una storia che porta il suo protagonista e produttore alle radici senegalesi della sua famiglia. La storia di un padre e un figlio che dall'Africa parteciparono sotto la bandiera francese alla Prima guerra mondiale. La recensione di Io sono tuo padre.
Comincia fra le pianure assolte dell’Africa occidentale, il nuovo capitolo del lento e faticoso percorso di elaborazione delle storture non per forza eclatanti del proprio passato coloniale da parte della Francia, e del cinema francese. Una storia personale, quella di un padre e un figlio, come ricorda il titolo italiano, Io sono tuo padre, in cerca di una portata universale nel sottolineare l’istinto di protezione che guida le azioni un uomo senegalese, Bakary Diallo (Omar Sy), che si arruola volontario per combattere nella Prima guerra mondiale per l’esercito francese dal suo villaggio nei dintorni di Dakar, con il solo scopo di proteggere il diciassettenne figlio Thierno, reclutato a forza.
Il titolo originale francese, Tiralleurs, fa invece emergere il portato collettivo, se non esplicitamente risarcitorio, di questa vicenda, mettendo l’accento sul corpo militare, appartenente alle truppe coloniali dell’esercito francese, che costituì il principale elemento della cosiddetta “Armée Noire”, dal 1857 fino alla dissoluzione, coincisa con la decolonizzazione dei primi anni ’60. I tirailleurs sénégalais combatterono in centinaia di migliaia e, come nel caso di altre forze dell’impero coloniale francese, nel corso anche della Seconda guerra mondiale, per poi finire sommersi presto dall’oblio, nonostante il contributo quantomeno rilevante dato, in termini militari e di sacrificio di vite umane.
Bakary e Thierno si trovano nelle grigie e livide trincee nelle battaglie infinite, per pochi metri di avanzamento o ritirata, lungo le rive della Marna. Ci ritroviamo catapultati in un immaginario molte volte raccontato al cinema, fra abiti pesanti e infangati, un freddo livido e i morti nei carri. L’unico elemento inedito è dato dal colore della pelle e dalla lingua parlata in questo battaglione. Il padre segue la trasformazione del figlio da ragazzo a soldato, poi caporale e quindi sergente modello, convertito alla guerra “dei bianchi”, alla ricerca dell’onore in battaglia. Dinamiche che mettono a dura prova il legame fra i due, alimentando il naturale percorso di emancipazione di un adolescente cresciuto a velocità molto più elevata in un fronte di guerra. Un progetto che si può ben intuire come abbia toccato corde personali, per un Omar Sy qui in veste anche di produttore, che recita per la prima volta nella lingua della famiglia del padre.
Io sono tuo padre racconta una storia personale che vuole rappresentare un omaggio alle tante migliaia di "forze" sconosciute sacrificatesi in un secolo o quasi di guerre per l’impero coloniale francese. Partendo da luoghi lontanissimi, molto spesso non conoscendo la lingua né niente altro della cosiddetta e presunta “madrepatria”, cercando fortuna o più frequentemente venendo arruolati a forza. È questa portata storica e sociale che viene messa in primo piano, con un rispetto che passa anche attraverso l'utilizzo di una lingua locale senegalese, e rappresenta il principale valore del film. C’è molta buona volontà, da parte di Omar Sy, mai così lontano dai suoi ruoli di commedia, e del regista Mathieu Vadepied. Il portato cinematografico, però, rimane modesto, e si esprime lungo territori, reali e dell’immaginario, che il cinema ha molte volte in passato frequentato con altra maestria.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito