Insidious: La Porta Rossa - la recensione del quinto capitolo della saga horror

05 luglio 2023
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Arriva al cinema la quinta e svogliata puntata della saga cinematografica horror di Insidious, diretta dal protagonista Patrick Wilson. La recensione di Daniela Catelli.

Insidious: La Porta Rossa - la recensione del quinto capitolo della saga horror

Iniziata nel 1998 e proseguita con altri tre film (di cui due prequel) nel 2010, 2013 e 2018, la saga horror di Insidious giunge alla conclusione, almeno nel ramo principale, con questo quinto capitolo. In programma, infatti, ci sono anche un paio di spin-off e un potenziale cross-over con l’universo – sempre Blumhouse – di Sinister. Il motivo di questa persistenza è presto detto: i primi quattro film hanno incassato globalmente oltre 542 milioni di dollari, a fronte di un budget complessivo di 26 milioni e mezzo. E’ la formula vincente brevettata James Wan/Jason Blum (non a caso qua la produzione è affidata a uno specialista del risparmio come l’Oren Peli di Paranormal Activity), ovvero produrre horror a basso costo che abbiano però sufficienti idee originali per intrigare il pubblico dei fan per un certo numero di anni. Mentre però la saga concorrente di The Conjuring ogni volta si basa su un caso diverso, quella di Insidious è meno vsria, tanto che dopo il secondo capitolo si è deciso di dedicare gli altri due a un prequel e ad una origin story del personaggio di Elise Rainer (Lyn Shaye), la guida autorizzata nei misteri dell’Altrove, come è stato ribattezzato l’Aldilà popolato di demoni e anime inquiete della storia. Sembrava dunque solo logico nel capitolo finale tornare alla famiglia Lambert, protagonista del primo film, e vedere cosa ne era stato circa 10 anni dopo i terribili eventi narrati nella storia, quando il padre, Josh, era stato costretto a percorrere i meandri infernali, aprendo la porta rossa in un viaggio astrale per strappare alle tenebre il figlio Dalton, dotato delle sue stesse capacità e (in Insidious 2) era stato posseduto da un’entità demoniaca che tentava di sterminare la sua famiglia. Ai primi due film si riallaccia dunque questo quinto e forse un ripasso veloce della trama può aiutarvi a comprendere meglio cosa succede, anche se è abbastanza chiaro durante la visione.

Stavolta, dunque, facciamo i conti con la rimozione dei ricordi del passato, che non risolvono i problemi, anzi, hanno influito pesantemente su questo nucleo famigliare: all’epoca, Josh e Dalton si sono sottoposti a ipnosi per dimenticare le loro orribili esperienze e la maledizione che grava sulla loro famiglia. Ritroviamo i protagonisti al funerale della nonna di Dalton e scopriamo che Josh e Renai sono separati, e tra il padre e Dalton, che sta per partire per il college, proprio in seguito a questi ricordi rimossi si è creato un divario in apparenza incolmabile. Una volta sul posto, Dalton, che frequenta un corso di arte tenuto da una docente capace di risvegliare in lui memorie inconsce, dopo aver dipinto quasi in stato di trance una porta rossa, inizia ad essere perseguitato da orribili visioni, mentre in parallelo il padre a casa vede cose che non comprende e deve ricorrere all’aiuto di Renai e di qualcuno che, dall’aldilà, veglia su di lui.

Purtroppo il debutto del protagonista Patrick Wilson dietro la macchina da presa, sulla scorta di una sceneggiatura del creatore della serie, Leigh Whannell, insieme a Scott Teems (Halloween Kills), non è dei migliori. Alla ricerca di spericolate inquadrature e punti di vista rovesciati che rimandino alle situazioni rappresentate nei due film precedenti, finisce per confondere un copione di imbarazzante banalità. Che questo capitolo finale sia girato nel 2023 si capisce subito dall’inserimento del personaggio della compagna di stanza di Dalton, una spigliata ragazza nera che non ha alcuna difficoltà ad accettare quello che succede e che avrebbe la funzione di alleggerimento di una tensione che raramente fa capolino. Non sappiamo se Insidious: La porta rossa possa avere un certo appeal sul pubblico giovanile, ma di sicuro non lo ha su quello più smaliziato: quante volte potremmo mai spaventarci per le musiche inquietanti, le apparizioni improvvise dal buio, gli attori truccati da demoni e contorsionisti? Stavolta nell’Altrove si resta poco rispetto ai film precedenti e gli altri protagonisti, visto che il film è incentrato sul rapporto padre-figlio, fanno solo un’apparizione di comodo: breve è l’apporto di Rose Byrne nel ruolo della moglie, sporadico e superficiale quello dell’altro figlio Foster e praticamente inesistente la figlia. Per soddisfare i fan, lo Specs di Leigh Whannel fa una comparsa in video, mentre lo spirito guida di tutta la vicenda accompagna nel finale ottimista il ritorno alla normalità della famiglia Lambert, senza neanche offrirci il brivido dell’incertezza. Un po' poco per un vero amante del cinema horror.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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