Index Zero - la recensione dell'esordio di fantascienza di Lorenzo Sportiello
Un film molto inconsueto per il cinema italiano.
Un film italiano di fantascienza. Sembra quasi un errore, ma non lo è. Una volta, negli anni gloriosi del nostro cinema di genere, ne producevamo in quantità, ma ormai da molti anni è diventata una rarità assoluta. A provarci è stato un giovane regista uscito dal Centro sperimentale, Lorenzo Sportiello, che esordisce al lungometraggio con Index Zero, una storia ambientata in un futuro prossimo, girata in Bulgaria, con un cast internazionale e in lingua inglese.
Siamo all’estremo orientale degli Stati Uniti d’Europa insieme a una coppia, lei è incinta, cosa non solo molto rara in quel mondo, ma anche vietata, visto che il governo preferisce affidarsi a tecniche diverse per la procreazione: vorrete mica perdere tempo e forza lavoro per tutti quei mesi?
Kurt ed Eva cercano di avvicinarsi ai confini dei territori abitati, di allontarsi dalle inospitali lande in cui vivono. Vogliono dare, insomma, un futuro migliore al loro figlio in arrivo. Già sentito qualcosa del genere? Non è l’unico riferimento all’attualità o al lavoro recente di alcuni autori come Alfonso Cuaron con I figli degli uomini o John Hillcoat in The Road. Il riferimento è quello a una fantascienza ancora alla terra, in più di un senso, che in chiave realistica racconta di un mondo fra il distopico e il dispotico, in cui la libertà personale è limitata da un’applicazione assoluta del controllo statale, da una tecnologia che con la scusa di semplificare la vita ha finito piano piano per renderla insapore.
L’amore di una coppia e la speranza per un futuro diverso per il loro erede sono un motore assoluto che li spinge a trovare la forza per lanciarsi verso l’ignoto.
La scelta di Sportiello è quella di asciugare ogni ornamento narrativo, di privare lo spettatore di ogni informazione sui due protagonisti. Li seguiamo nella prima parte in una fuga fra luoghi inospitali, rivolte sparse e un angusto tunnel per entrare in Europa. 25’ minuti, sugli 80’ complessivi, in cui i dialoghi sono praticamente inesistenti, che lasciano spazio ai primi incontri con un presente duro, con un mondo in cui la sostenibilità è ribaltata: non un fattore positivo, sinonimo di ambiente sano, ma indice spietato che impedisce alla maggior parte degli europei di vivere la propria vita. Una sorta di sogno del Reich millenario di nazista memoria portato a compimento.
Index Zero è un esempio di un cinema italiano che non si fa scoraggiare dalle difficoltà produttive, che si sporca le mani, coninvolge professionalità, talenti, creando un film visivamente di notevole livello, formalmente attento a dirigersi verso terreni molto lontani dal nostro cinema. La parte narrativa, invece, soffre di un’attenzione non altrettanto meticolosa, proponendo uno schema meno inconsueto.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito