Il concerto, la recensione del film di Radu Mihaileanu

03 febbraio 2010
3.5 di 5
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Lavorando sul doppio binario del melodramma e della commedia più classici, Radu Mihaileanu costruisce un’opera di certo non originale, ma molto efficace nell’arrivare al cuore del pubblico attraverso la bontà della confezione, che esplode nella magnifica sequenza finale. Nel cast un efficacissimo Aleksei Guskov e la “bastarda senza glo...

Il concerto, la recensione del film di Radu Mihaileanu

Il concerto - la recensione

Come ha più volte affermato in conferenza stampa al momento della presentazione di questo film, il cinema del regista rumeno Radu Mihaileanu ha come obiettivo principale il tentativo di equilibrare una doppia anima, quella errante e sanguigna della sua cultura d’appartenenza con quella più strutturata e lineare del paese che lo ha accolto, la Francia. Oltre a ciò, alcuni suoi lavori come il riuscito Train de vie tentano anche di coniugare con audacia i toni della commedia con storie e situazioni più confacenti al melodramma classico, alla maniera di grandi autori come Ernst Lubitsch o Billy Wilder (altri “esuli” hollywoodiani del passato che Mihaileanu ha esplicitamente indicato come modelli).

Il concerto, presentato con successo all’ultimo Festival di Roma, possiede entrambi gli elementi principali sopra evidenziati e riesce a sposarli con notevole senso del cinema. La qualità primaria del film è quella di poggiarsi su un impianto decisamente “classico” nella storia e nella scansione del ritmo narrativo: l’idea di partenza è quella ampiamente sfruttata dello scambio di identità, che Mihaileanu elabora secondo le più riconoscibili possibilità comiche che lo spunto offre da decenni al cinema di genere. La capacità del regista di saper dosare con cura il materiale che ha deciso di mettere in scena, lavorando prima di tutto su una sceneggiatura tanto tradizionale quanto puntuale ed incisiva, si sposa con un senso estetico altrettanto sapiente. Visivamente Il concerto è un film confezionato con eleganza, ed anche nei momenti in cui la storia sembra sedersi per lasciare spazio a scene di costume, la regia vigorosa e soprattutto il montaggio intervengono ad equilibrare il tutto.

Se in questo modo lo spettacolo offerto al pubblico è qualitativamente valevole, Il concerto letteralmente decolla nella sequenza finale dell’esibizione tanto attesa dai personaggi: grazie ancora alla maestria del montatore Ludovic Troch ed alla musica inarrivabile di Tchaikovsky, il livello emozionale che investe lo spettatore contribuisce ad alzare in maniera notevole il giudizio complessivo sulla pellicola di Mihaileanu. In quest’ultima, grandiosa sequenza infatti il cineasta sprigiona la sua visione di cinema più libera e viscerale, costruendo un mix vorticoso e bellissimo di immagini e musica.

La potenza espressiva de Il concerto è dunque senz’altro basata su coordinate stilistiche risapute, non originali né tanto meno innovative; ciò comunque nulla toglie all’impatto emotivo del film, anzi forse addirittura lo accresce proponendo al meglio una concezione di cinema talmente adoperata in passato da essere stata abbastanza accantonata negli anni, e la cui riproposizione appare in questo caso effervescente.



  • Critico cinematografico
  • Corrispondente dagli Stati Uniti
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