I tre moschettieri - la recensione del film con Milla Jovovich
Ennesimo adattamento della celebre opera di Dumas per il primo film in costume del papà di Resident Evil Paul W.S. Anderson.
I tre moschettieri - la recensione
Nel momento in cui ci si trova di fronte all'adattamento cinematografico di una celebre opera letteraria, non si dovrebbe usare come unico metro di giudizio la fedeltà all'intreccio o ai personaggi.
Si dovrebbe invece prendere in considerazione il rispetto sia dello spirito del testo di partenza che della poetica del suo autore.
Nel caso dei Tre moschettieri di Alexandre Dumas, celeberrimo romanzo pubblicato a puntate su Le Siècle nel 1844 e divorato con la stessa voracità con cui al giorno d'oggi vengono "macinate" le serie televisive, bisognerebbe per esempio scartare a priori tutti gli adattamenti verbosi e, visto che si tratta non di letteratura aulica ma di un gustoso feuilleton, salutare con entusiasmo interpretazioni più rutilanti, kitsch, appassionanti e di puro intrattenimento.
Appartiene a questa categoria I tre moschettieri 3D, primo film in costume del papà di Resident Evil Paul W.S. Anderson che qualcuno ha già liquidato come una brutta copia - con le spade al posto delle sciabole - di Pirati dei Caraibi.
In effetti, con la fortunata franchise Disney di Jerry Bruckheimer la fantasmagoria del marito di Milla Jovovich ha in comune l'umorismo fracassone e qualche smorfia di troppo, ma si tratta di esagerazioni che permettono ai vari personaggi di sfatare il proprio mito per tornare a essere, come molti protagonisti dei romanzi d'appendice, degli archetipi, dei simboli.
In fondo era così che Dumas li aveva immaginati ed è così che Paul W.S. Anderson li ha mostrati, attribuendo a ognuno di loro una caratteristica predominante: al Cardinale Richelieu la smodata ambizione, a Portos la forza bruta mista a bonomia, a D'Artagnan l'impertinenza, a Milady l'inganno e la malizia, ad Athos una malinconia da eroe romantico.
C'è da dire che in questa variegata compagine ci sono figure che risaltano di più, mentre altre restano inesorabilmente bisdimensionali - come Lord Buckingham, oppure eccessivamente attualizzate - come il guascone D'Artagnan che sembra uscito da un teen-movie.
La responsabilità non è tanto degli sceneggiatori, quanto degli attori, nel caso specifico Orlando Bloom e Logan Lerman, molto meno convincenti di Christoph Waltz, Matthew Macfayden e soprattutto Milla Jovovich, perfetta nella parte di Milady De Winter. Da estimatore delle donne, Dumas ne avrebbe adorato non solamente i corsetti e i boccoli, ma anche i numeri da Catwoman e una malizia squisitamente moderna.
Cos'altro avrebbe apprezzato il prolifico scrittore francese in questa coproduzione ad alto budget di cui già si annuncia il sequel?
Di sicuro i travestimenti, gli agguati e la licenza poetica di spostare le battaglie su giganteschi galeoni sorretti da mongolfiere. Quanto al 3D, d'accordo con noi, si sarebbe forse chiesto, a fine visione: "Ma era davvero necessario?".
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali