I Peggiori Giorni: la nostra recensione del film a episodi
Altre quattro festività raccontate nel film di Edoardo Leo e Massimiliano Bruno, che provano a scavare più in profondità nelle miserie dell'animo umano. La recensione di Daniela Catelli del film i Peggiori Giorni
I film a episodi sono un po’ come le raccolte miscellanee di racconti, variazioni su un tema assegnato dal curatore. L’argomento preso a pretesto per raccontare storie contemporanee sotto la lente deformante della commedia amara, ne I peggiori giorni, che segue a I migliori giorni della coppia Edoardo Leo/Massimiliano Bruno, è nuovamente quello delle feste comandate, ovvero i giorni in cui per tradizione non si lavora e le regole della quotidianità e della convivenza civile si allentano fino a deflagrare del tutto. La grande commedia all’italiana ha declinato per decenni con successo il genere del cinema a episodi, facendolo proprio e trasformando le miserie dei suoi protagonisti in perfetti apologhi morali e commento sociale, dove la cattiveria, l’egoismo e l’opportunismo di certi elementi del nostro paese emergono in tutta la loro mostruosità. E un omaggio al maestro Dino Risi non manca in uno dei quattro episodi del film con cui due dei nostri autori/attori più intelligenti provano ad adattare il genere alla nostra epoca.
Nel primo episodio (diretto da Edoardo Leo e sceneggiato con Marco Bonini) tornano, forse più per vezzo attoriale che per necessità, i litigiosi fratelli de I migliori giorni, per un altro disastroso Natale. Sempre bisognosi e pronti a chiedere, ma assai meno a dare, come molti cinquantenni odierni, adulti mai veramente cresciuti, i tre si trovano di fronte alla richiesta di un regalo speciale da parte del padre: un rene, per prolungargli la vita. Nello scaricabarile che si crea tra i figli, sulla falsariga dell’”io sono più inguaiato di voi”, sarà il destino a risolvere brutalmente per loro il problema, che chiama in causa la loro inadeguatezza umana. Anche se Leo, Bruno e Anna Foglietta, col supporto del grande Renato Carpentieri, rendono godibile l’episodio, lo spunto non è originale e risulta sacrificato nella durata limitata del frammento. Segue la parte ambientata il primo maggio (ancora diretta da Leo e sceneggiata con Bonini), per noi la più riuscita del film, che dipinge uno scontro di lotta di classe fuori tempo massimo tra due falliti, padrone ed ex operaio, un confronto che sembra senza via d’uscita perché il sistema ha reso entrambi schiavi. Il duetto tra Fabrizio Bentivoglio e Giuseppe Battiston, l’imprenditore in crisi e l’operaio vendicativo, funziona e allarga il discorso al tema del lavoro, vissuto in modo ancora più drammatico ai nostri tempi, dove a volte è perfino difficile riconoscere il vecchio nemico.
A Ferragosto (regia di Bruno, scritto con Andrea Bassi e Gianni Corsi) una coppia borghese e intellettuale scopre che in rete ci sono foto e video compromettenti della figlia, che ha avuto un rapporto non consenziente coi figli di due conoscenti, di estrazione sociale inferiore ma benestanti, che stanno festeggiando la festa in piscina con le canoniche grigliate. Ognuno degli adulti ha il suo modo di affrontare l’incresciosa situazione: l’aggressività, la pacatezza, l’incredulità e la negazione, fino alla constatazione del disastro. Questo è forse l’episodio che risulta più collegato con la triste realtà della cronaca di questi ultimi anni, dove i genitori esautorano i figli da ogni responsabilità, e preoccupati di dar loro beni materiali e non insegnamenti costruttivi, si ritrovano in casa dei perfetti sconosciuti che fanno cose terribili. E a quel punto entrano a gamba tesa nel privato di ragazzi di cui fino a quel momento non si sono curati. Anche in questo caso molto bravi e credibili i protagonisti: Ricky Memphis e Claudia Pandolfi nei panni dei genitori un po' coatti e Anna Ferzetti e Neri Marcoré in quelli della coppia borghese.
L’ultima festività è quella di Halloween (regia di Bruno che sceneggia con Beatrice Campagna, Salvatore Fazio ed Herbert Maria Paragnani), poco più che un pretesto per la storia di un uomo depresso (Rocco Papaleo) perché il 31 ottobre è per lui il triste anniversario dell’abbandono della moglie e che per aiutare la figlia (Sara Baccarini) si ritrova in una festa ad esibirsi come mago proprio al party del figlio del suo odiato rivale. Se Giovanni Storti è bravissimo nel ruolo del sadico industriale, l’episodio è anche quello col finale meno pessimista, ma resta un po’, come gli altri, in superficie. Insomma, I peggiori giorni non soddisfa del tutto le aspettative che crea e le ambizioni che dimostra, anche se merita la visione per gli interpreti e per gli spunti che offre, ma siamo ben lontani dai capolavori di un genere che sapeva illuminare le miserie umane e le tragedie dei suoi uomini ridicoli in modo coinvolgente e memorabile. Forse, a ben pensarci, non è nemmeno colpa degli autori, ma solo del fatto che oggi, purtroppo, le bassezze morali, l’odio, la violenza e la sopraffazione sono talmente diffusi nella realtà che il cinema di finzione non riesce nemmeno ad avvicinarsi all’orrore dei tempi in cui viviamo.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità