I figli degli altri: la recensione del film con Virginie Efira, presentato in concorso a Venezia 2022

04 settembre 2022
3.5 di 5

Una donna e la bambina figlia del nuovo compagno, una storia semplice e toccante quella de I figli degli altri splendidamente interpretata da Virginie Efira, diretta da Rebecca Zlotowski, in concorso al Festival di Venezia 2022. La recensione di Mauro Donzelli.

I figli degli altri: la recensione del film con Virginie Efira, presentato in concorso a Venezia 2022

Ogni storia parla di ricerca della felicità, visto che il cinema insegue la vita. Rachel è una quarantenne e non fa eccezione. Non ha bisogno di diventare madre per essere compiuta, ama la sua vita. Insegna lettere in una scuola superiore, ha i suoi amici, tra cui l’ex con cui è rimasto in ottimi rapporti, prende lezioni chitarra. Decide come ogni adulta quanto e quando aprire il suo cuore agli altri, dosando i rischi connaturati di rimanere delusa o ferita. Quando si innamora ricambiata di Ali, suo compagno di chitarra, nella vita di coppia si inserisce anche la figlia di lui, Leila, una dolce bambina di 4 anni.

Ogni amore inizia con un percorso di esplorazione degli spazi reciproci, e anche lei comincia a frequentare sempre di più casa di lui, fino a far parte sempre più integrante della sua intimità, affezionandosi alla piccola con un parallelo percorso di innamoramento e di apertura. Fino al punto di pensare che “ho una vita sola, e con voi due quello che succede a voi è un po’ come se succedesse anche a me”.

La felicità è fatta anche di bisogni e desideri sempre nuovi, che richiedono di essere appagati. Così Rachel rimane scombussolata e coinvolta da un bisogno inedito per lei: quello di una famiglia centrata sulla maternità. Come lei tante donne e uomini vivono relazioni con “I figli degli altri” e, come ha detto la regista, Rebecca Zlotowski, il cinema non le racconta mai. È un punto di vista inconsueto, ma non certo nella realtà, un processo in cui chi è sullo sfondo viene posto in primo piano. Sono tanti piccoli gesti quotidiani quelli attraverso i quali la donna si avvicina alla bambina, impara come una studentessa scrupolosa a inserirsi armonicamente nella sua vita: dal fatto di portare qualcosa da mangiare quando va a prendere la bambina agli allenamenti di judo, a come gestire i capricci e le necessità.

Una storia d’amore a tre, con la presenza nell’assenza della madre, sporadicamente incontrata, e nei confronti della quale non si instaura, per fortuna, una tensione o acredine, anzi. “Non dobbiamo scusarci al posto degli uomini”, dice a un certo momento una all’altra. I figli degli altri è una storia lineare nella sua semplicità, resa sfaccettata dalla sempre impeccabile Virginie Efira, splendida e fragile, capace di alternare registri senza mai perdere in umanità. La Zlotowski sfronda ogni orpello retorico, asciuga tempi e dialoghi, svicola il rischio algidità per comporre un ritratto toccante di una donna libera, piena di grazia. Senza miracoli, non protegge dalle delusioni, ma trasmette una dose di vitalità contagiosa.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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