I Am Not A Serial Killer - recensione del thriller con Christopher Lloyd

20 ottobre 2016
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Presentato alla Festa del cinema di Roma, sezione autonoma Alice nella città, un film che non tiene fede alle sue premesse.

I Am Not A Serial Killer - recensione del thriller con Christopher Lloyd

John Clever Wayne ha 15 anni, è imbalsamatore nell'impresa funebre di famiglia con la madre e la zia, è stato diagnosticato sociopatico e con la possibilità di diventare un serial killer. I suoi impulsi sono sotto controllo finché nella cittadina in cui vive iniziano ad accadere dei raccapriccianti omicidi, del cui autore John viene presto a conoscenza, facendosi coinvolgere in un gioco pericoloso.

Tratto dal primo di tre romanzi young adult scritti dal britannico Dan Wells, I'm Not a Serial Killer, il film che ne ha tratto l'irlandese Billy O'Brien, aveva tutte le potenzialità per diventare un piccolo cult. Ma l'adattamento cinematografico lascia per strada tutte gli spunti interessanti, senza mai creare né la tensione, né il disagio né lo straniamento comico che (a detta dei lettori) erano una componente essenziale del libro. La fascinazione degli adolescenti per i serial killer e la mancanza di empatia tipica dell'età, estremizzata nel personaggio di John, unita al rapporto col suo anziano vicino, lasciava intendere uno sviluppo che però non arriva mai, sul genere di quello che si creava tra Brad Renfro e Ian McKellen in L'allievo di Bryan Singer (che però aveva alle spalle un racconto stratificato e complesso di Stephen King).

Nel film manca innanzitutto l'evoluzione di personaggi, inclusi i principali, caratterizzati in modo molto semplice e presentati in modo frettoloso, tanto che le loro interazioni appaiono puramente meccaniche. È così che, nonostante la bella ambientazione nevosa alla Fargo, non si viene mai realmente coinvolti in una storia che avrebbe avuto bisogno di più ironia e di maggiori capacità narrative da parte del regista. È un peccato, perché il protagonista Max Records – che ricordavamo bambino in Nel paese delle creature selvagge – ha la faccia giusta per il ruolo e il nostro amato Christopher Lloyd aderisce totalmente a un personaggio molto diverso da quelli con cui di solito lo associamo.

Non manca la citazione di William Blake con la sua The Tyger, che tanto piace ai serial killer (era il tormentone di The Mentalist) e un finale fantascientifico che ricorda La mosca di David Cronenberg ma appare del tutto incongruo nel contesto del film (mai visti personaggi meno spaventati alla vista del mostruoso e dell'impossibile). Azzardando un'interpretazione non verificabile potremmo dire che forse O'Brien intendeva la sua versione di I'm Not a Serial Killer come un incubo alla David Lynch, dal quale alla fine il protagonista si risveglia per scoprire che niente – o forse tutto - è veramente successo. Ma vorrebbe dire davvero mirare troppo un altro per un film inerte dall'inizio alla fine, nonostante i buoni propositi e i temi di sicuro interesse.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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