Radiance: la recensione del film di Naomi Kawase presentato in concorso al Festival di Cannes 2017

23 maggio 2017
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Prima o poi qualcuno dovrà svelare il segreto dell'amore di Cannes per il cinema della regista giapponese.

Radiance: la recensione del film di Naomi Kawase presentato in concorso al Festival di Cannes 2017

Ci sono cose che davvero non si spiegano. Misteri sui quali nemmeno Roberto Giacobbo potrebbe riuscire a gettare luce.
Uno di questi è la testarda ossessione del Festival di Cannes per il cinema di Naomi Kawase, una che qualsiasi storia racconta, la racconta con uno stile tra il pensoso e il lezioso, e ti pare di sentire i suoi sospiri qui e lì, tra un abuso di pianoforte e una frase fatta piazzata bene, per accarezzare l'animo delicato del suo pubblico di riferimento.

Robe tipo quelle che si dicono in Radiance: "Un film è una cosa che ti permette di entrare in connessione con la vita degli altri", o "Un fotografo è come un cacciatore, e il tempo è la sua preda."

Al centro della storia, una ragazza (bella) che fa le audio-descrizioni per i film, quelle che servono a descrivere alle persone cieche quello che sta accadendo sullo schermo tra un dialogo e l'altro.
Lei, che non si è mai rassegnata alla scomparsa del padre e ha una madre malata di Alzheimer in campagna, incontra nel corso delle proiezioni di prova per valutare e affinare il suo lavoro un lui, un fotografo che ha perso la vista quasi del tutto, che ovviamente è ombroso e tormentato, che le fa le critiche più feroci, ma che finirà con l'aprirsi e innamorarsi.

Naomi Kawase parla anche di tante cose belle e importanti, per carità.
Parla dell'importanza del guardare e del guardarsi; parla dell'inseguire l'irraggiungibile (come il sole che tramonta) e di imparare ad accettare i limiti e le privazioni che la vita impone; parla della capacità di usare la giusta misura e le giuste parole nelle relazioni e nelle comunicazioni con gli altri.
Ecco, quella misura giusta e quelle parole (e immagini) giuste, che lei non trova mai.

Bastano pochi minuti e subito, in Radiance, la retorica supera i livelli di guardia, tra gli ostentati primissimi piani sugli occhi - spesso velati di lacrime e dolore - del protagonisti, controluce sfocati, musichette lacrimevoli e sentimentalismo smielato e ostentato.
Un film che è un romanzo rosa, di quelli senza erotismo che per carità: ma un romanzo rosa che, invece di accettare la sua natura popolare, si finge impegnato e "profondo".
Qualcuno lo chiama midcult.

Hikari
Clip del film versione, originale - HD


  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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