Hellboy The Golden Army - la recensione
Arriva finalmente nelle sale il secondo film con protagonista il simpatico e rosso demone nato sulle pagine dei fumetti di Mike Mignola. Proiettato verso Lo Hobbit, Guillermo del Toro non solo doveva dimostrare di essere rimasto ai livelli del primo film, ma riscattare anche i dubbi sollevati con il recente Il labirinto del Fauno e con...
Hellboy The Golden Army - la recensione
Di Hellboy The Golden Army si può e si potrà dire di tutto, tranne che si tratti del film che contribuisce a risolvere quel piccolo enigma legato alle capacità e al talento di Guillermo del Toro, al quale su questo sito abbiamo dedicato un interessante approfondimento. Come e forse più delle sue opere precedenti, compreso il sopravvalutatissimo Labirinto del Fauno, questo nuovo film del regista messicano è profondamente ambivalente, sospeso tra le qualità di un gusto visivo visionario, creativo e difficilmente negabile ed una serie di carenze riguardanti la sostanza vera e tangibile della narrazione cinematografica: la storia, la strutturazione dei personaggi, la capacità d’intrecciare relazioni efficaci tra di loro, ma anche il capacità di coinvolgere e affascinare con il racconto.
Da questo secondo punto di vista sembra che del Toro – che di Hellboy The Golden Army è anche sceneggiatore – abbia voluto puntare su due direttrici principali. La prima, riguardante strettamente la trama, vede il film allontanarsi dalle vicende soprannaturali di derivazione lovecraftiana che caratterizzavano il primo Hellboy ed il fumetto di Mignola per spostarsi lungo un versante che potremmo definire tolkieniano all'acqua di rose – forse per prendere la mano con il materiale che dovrà trattare nell’attesissima double feature su Lo Hobbit. La seconda è invece relativa al tono generale del film, che punta molto di più del precedente sull’umorismo, sugli in-jokes e sulle citazioni interne ed esterne alla serie. Di conseguenza, ferma restando l’efficacia di alcune scene d’azione, Hellboy The Golden Army è un film che appare ben più leggero di quello che forse avrebbe dovuto essere, nel quale la tensione viene eccessivamente stemperata dall’ironia. Ma soprattutto questa leggerezza generale del tono penalizza anche la capacità di “vendere” allo spettatore in maniera credibile le psicologie dei personaggi ed i loro conflitti, su tutti quelli che vedono ad un certo punto contrapposti il rosso protagonista e la Liz Sherman interpretata da Selma Blair. E lo stesso Red non ne esce particolarmente memorabile.
Purtroppo a queste perplessità vanno ad assommarsi anche ad altre, relative a quello dovrebbe rappresentare il punto di forza di del Toro, ovverosia la sua fantasia e la sua visionarietà. Hellboy The Golden Army è infatti un film lettarlmente infarcito di creature fantastiche e bizzarre. Creature sicuramente affascinanti e ben realizzate: ma il problema riguarda l’effetto accumulazione ed una sorta di eccessiva consapevolezza del regista, particolarmente esemplare nelle scene ambientate in una sorta di bazaar del sovrannaturale nascosto nei sotterranei di New York: rappresentato con un certo compiacimento manierista per il proprio talento visivo e immaginativo, quel microcosmo ricorda più la serie di Men in Black che non – come probabilmente si sperava – il celeberrimo bar del primo Star Wars.
Se nel complesso Hellboy The Golden Army non può essere definito del tutto malriuscito, resta il fatto che colpisce più per le sue debolezze e l’esilità delle vicende che racconta che per i suoi punti di forza e che nel migliore dei casi scivola addosso senza lasciare traccia. Resta da augurarsi che con Lo Hobbit, supportato dalla sceneggiatura e dalla produzione esecutiva di Peter Jackson e del suo team, Guillermo del Toro possa fugare definitivamente i dubbi che continuano ad aleggiare sulla sua produzione.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival