Gran Torino: La recensione del nuovo film di e con Clint Eastwood
Gran Torino è un film così splendidamente devastante. Gran Torino è il film che racconta di come sia indispensabile (e facile in modo spiazzante) abbattere quelle fondamenta sbieche e già luride del futuro che abbiamo di fronte per ricominciare daccapo
Walt Kowalski è un uomo sospeso nel limbo di un presente angoscioso. Il suo passato lo tormenta, ma il futuro che lui stesso ha contributo a costruire – vedi i suoi figli, i suoi nipoti – lo inorridisce. Giustamente. Walt vede quanto c’è stato di buono nel (suo) passato andare perso, schernito, svilito, insultato. Walt vede di fronte a sé l’invasione dei barbari (nulla a che vedere, grazie al cielo, con l'obbrobrio di Arcand). La sua reazione a tutto questo è una chiusura in sé stesso ancor più drastica e radicale di quanto già non fosse normale per lui. Ma anche Thao - apparentemente l’esatto opposto di Walt: giovane, straniero, timido e insicuro - vive nello stesso limbo. Il passato della sua cultura originaria lo opprime, lo limita, anche nell’integrazione nel tessuto sociale. Ma il futuro che sembra aspettarlo, quello delle gang e della galera, pare terrorizzarlo. E sfuggirgli appare difficile. La sua, di reazione, è quella del silenzio e della paura. E allora è quasi inevitabile che le due anime vaganti s'incontrino. E che Walt "adotti" Thao come Frankie "adottò" Maggie.
Siamo sinceri: la condizione di Walt e Thao non ci appare così aliena, ed è questo uno dei tanti (tantissimi) motivi per cui Gran Torino è un film così splendidamente devastante. Gran Torino è il film che racconta di come sia indispensabile (e facile in modo spiazzante) abbattere quelle fondamenta sbieche e già luride del futuro che abbiamo di fronte per ricominciare daccapo, linearmente, solidamente, utilizzando come saldissimo cemento quella necessaria compenetrazione di esperienze, culture, società e caratteri che nasce dall’unione tra differenze. Da quel meticciato oggi tanto presente e discusso. E il simbolismo di un’auto vintage affidata a un ragazzino diverso, di quel che c’è di solido e bello del passato da far guidare da mani (e sensibilità) nuove verso il futuro, è tanto semplice quanto inevitabile. Nel corso di una conversazione Walt, un tempo razzista (?), si sente apostrofare dalla sua nuova amica Hmong: “beh, ma tu sei americano”. “E allora?”, risponde. E allora, the times they are a-changin'. Devono cambiare. Per Walt già sono cambiati. O forse son tornati come erano, all'alba del Sogno Americano, quando gli States nascevano nel segno di quello stesso meticciato.
Ma Gran Torino è (anche) molto più di tutto questo. Ancora una volta, ci troviamo a definire zen il cinema di Eastwood, per la sua capacità strabiliante di aprire abissi di complessità attraverso un gesto filmico economico e lineare. Gran Torino è una storia umanissima di amicizia commovente e pudicissima nella sua emozionalità. Gran Torino è (anche, forse) uno splendido canto del cigno per Eastwood, che in Walt ha condensato, raccontato e demolito (facendola così risorgere più fulgente che mai) un’icona costruita in decenni: da Callaghan a Gunny Highway passando per i suoi personaggi più recenti.
Ed è un film esistenziale nel senso più ampio del temine: ancora una volta si racconta del cammino verso la fine della storia di un eroe duro e solitario, e del Senso che si vuole dare a questa fine, a tutta una vita. “Me, I finish things, that’s what I do”, dice Walt a Thao. E nel modo in cui Eastwood finisce le cose, nel modo in cui le fa finire a e per i suoi personaggi, è racchiuso un senso di compassione, di umanesimo, di moralità che non che essere definito laicamente ma profondamente religioso e spirituale. È ovvio dal finale del film – attenzione agli spoiler – che Walt assuma una dimensione prettamente cristologica: la sua volontaria crocefissione orizzontale, il suo sacrificio, il suo farsi carico dei peccati suoi, di Thao, della società. Per permettere che la vita, l'America, il mondo vadano avanti migliori e più leggeri.
Con Million Dollar Baby, con il quale non a caso presenta numerose analogie, Gran Torino è il grande capolavoro morale e cinematografico di Clint Eastwood. Un film struggente e necessario.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival