Gli amici del bar Margherita - recensione del nuovo film di Avati

01 aprile 2009

Pupi Avati torna al racconto corale per una pellicola che mescola con discreto equilibrio tono nostalgico e visione critica di un decennio ambiguo e contraddittorio come gli anni ’50.

Gli amici del bar Margherita - recensione del nuovo film di Avati

Gli amici del bar Margherita - la recensione

Dopo la parentesi assolutamente sopravvalutata, sia dalla critica che dal pubblico de Il papà di Giovanna, con Gli amici del bar Margherita Pupi Avati torna al tipo di cinema che più gli si addice: quello corale, in cui una verità di personaggi e di situazioni definiscono,tratteggiano un momento storico del nostro paese. Questa volta siamo negli anni ’50, più precisamente nel 1953, e la storia del film racconta del gruppo di “vitelloni” che bazzicano ogni sera il bar che da il titolo al film. Uomini apparentemente rotti alla vita, come il “boss” del gruppo, un divertente e divertito Diego Abatantuono; in realtà persone confuse, fragili, che si presentano sia come protagonisti che come vittime dell’ipocrisia e del perbenismo di quell’epoca.

Il grande pregio del film di Avati è quello di equilibrare con una discreta lucidità sia il tono nostalgico del racconto d’epoca che uno sguardo più disincantato e critico su una società maschilista, retrograda ed anche esplicitamente misogina. Sia ben chiaro, non stiamo parlando di un film di indagine storica e sociale dai contenuti e dall’analisi tagliente: il regista ormai si è assestato sui binari di un cinema medio, che presenta una confezione ed un’idea di messa in scena che difficilmente raggiungono picchi di bellezza cinematografica oppure rovinano in sciattezze estetiche. Anche Gli amici del bar Margherita conferma questa tendenza, ma muovendosi su un terreno ampiamente conosciuto e quindi gestibile dal cineasta, riesce nel tentativo di piazzare almeno un paio di scene di ottima fattura, condite per di più da interpreti in vena: su tutte, la divertentissima sequenza di seduzione tra l’”ingenua” studentessa Laura Chiatti ed il bonario Neri Marcoré, scritta con dialoghi frizzanti e recitata con divertimento.Tra i molti attori che compongono il cast vogliamo invece sottolineare la bella prova di Luigi Lo Cascio, alle prese con un ruolo fortemente caratterizzato, che rimodella secondo una degna vena istrionica.

Spigliato, divertente, acido nel sottolineare con puntualità il falso moralismo della società italiana degli anni ’50, Gli amici del bar Margherita è probabilmente il miglior film di Pupi Avati da alcuni anni a questa parte. Non che questo significhi aver realizzato un capolavoro assoluto, ne siamo ben lontani: ma rispetto a tanti quadretti stereotipati e vagamente inermi che il regista spesso ha tirato fuori, e che invece sono riusciti ad ingannare il gusto soporifero di molta critica nostrana, questo film almeno possiede almeno una dose sufficiente di freschezza ed originalità.



  • Critico cinematografico
  • Corrispondente dagli Stati Uniti
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