Gimme Danger: recensione del documentario su Iggy Pop e gli Stooges di Jim Jarsmusch visto a Cannes 2016

19 maggio 2016
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Un viaggio negli anni di vita del gruppo del Michigan.

Gimme Danger: recensione del documentario su Iggy Pop e gli Stooges di Jim Jarsmusch visto a Cannes 2016

“Non sono glam, non sono punk, sono”. Iggy Pop rifiuta ogni etichetta intervistato nel documentario sull’esperienza musicale degli Stooges, Gimme Danger, scritto e diretto dal loro fan numero 1, Jim Jarmusch, che inizia il suo viaggio per immagini e musica con un atto d’amore: la migliore rock band della storia, la definisce. Un percorso classico da documentario televisivo che ci conduce, guidati da una lunga intervista a Iggy Pop, ai membri della band e a molti testimoni dell’epoca, nel Michigan degli anni ’60, fra l’attivismo dei sindacati e dei movimenti della contestazione e il dominio dell’industria automobilistica nella città di Detroit.

Jim Osterberg, questo il vero nome di Iggy Pop, racconta della sua crescita da white trash in una roulotte, della generosità dei genitori che gli cedettero la camera da letto principale, anche perché stufi delle giornate e serate intere in cui suonava la batteria forsennatamente in salone, visto che nella sua piccola camera la batteria non entrava.

Come in ogni band di quegli anni che si rispetti, anche gli Stooges avevano nel suo nucleo originario due fratelli, Ron e Scott Asheton, insieme a loro oltre a Iggy anche Dave Alexander. Oltraggiosi, sporchi, come il loro sound, i nuovi pionieri del rock di rottura vengono raccontati con immagini ed esibizioni di repertorio accattivanti da Jarmusch, che ha avuto ovviamente accesso totale alla loro musica, riuscendo a costruire una biografia musicale, oltre che legata ai suoi componenti. Gimme Danger, dal titolo del loro album del 1973, cruciale per il ruolo nello sviluppo successivo della musica punk e rock, è un viaggio nella vita di un gruppo di giovani che crebbero insieme, all’insegna della rottura degli schemi, attraversando una fase di consumo abituale di droghe, rimanendo sempre, anche una volta sciolti, legati dalla comune esperienza on the road, in tour, alla ricerca di un modo personale per esprimere il proprio disagio, ma soprattuto l’amore per la musica.

Jarmusch si concentra sul breve periodo, fra il 1967 e il 1974, con un ritorno nel 2003, in cui gli Stooges furono attivi, analizzando un fenomeno numericamente limitato, spesso ricevuto con ostilità se non violenza, ma che aprì la strada a molte realtà musicali degli anni e decenni successivi. Proprio nei momenti di (auto)ironia di Gimme Danger, in cui il contrasto fra le esibizioni fuori di testa e la reazione di pubblico e stampa tradizionale si fa più bizzarro, che il documentario di Jim Jarmusch riesce a convincere maggiormente. Nel complesso, un prodotto tradizionale, arricchito dai materiali di repertorio, che si inserisce fra la produzione televisiva di qualità del genere.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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