Final Account: il documentario di Luke Holland con al centro gli ultimi tedeschi comuni testimoni dell'Olocausto
Presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2020, Final Account di Luke Holland è un documentario che raccoglie le testimonianze degli ultimi tedeschi comuni ancora vivi che videro e reagirono all'Olocausto spesso girando lo sguardo dall'altra parte.
“I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni”.
Queste parole vergate nella storia da Primo Levi compaiono come prima immagine del documentario Final Account di Luke Holland. Sono una vera stella polare, un manifesto d’azione che il regista ha ben tenuto presente nel suo lavoro lungo oltre dieci anni di consegnare agli archivi della futura memoria addirittura il lavoro definitivo sulle generazioni di tedeschi comuni che parteciparono in vario modo, anche come semplice cittadini del Reich, all’ascesa di Hitler e all’Olocausto. Un obiettivo ambizioso e urgente, per ovvie ragioni di età dei testimoni, che ci pone di fronte a una schiera di persone anziane e a domande cruciali che da generazioni storici, politici e una società intera si pongono. Quale fu la responsabilità del cittadino comune? C’erano possibilità di opporsi all’omologazione all’autorità? Quando l’identità nazionale così in primo piano e trionfale nello scacchiere internazionale ha trasformato un popolo intero in complici silenziosi, ebbri della gloria tedesca?
La società tedesca da decenni si confronta con questi dubbi morali, con senso di colpa e una maturità lodevole che sarebbe bene fosse di insegnamento anche dalle nostre parti. Il dibattito in particolare assunse una rilevanza internazionale nella metà degli anni ’90, quando fu pubblicato un saggio dello storico americano Daniel Jonah Goldhagen che fece molto rumore, I volonterosi carnefici di Hitler, che, al di là della presto discussa qualità storica, ebbe il merito di alimentare ancora di più la seduta di psicanalisi collettiva in un paese alle prese anche con l’unificazione nazionale. Come ha potuto il popolo tedesco, una delle grandi nazioni della civile Europa, compiere il più mostruoso genocidio mai avvenuto? Il libro di Goldhagen giunge a delle conclusioni non dissimili da quelle di Holland: non furono solo i membri del partito nazista o delle SS, ma anche i tedeschi di ogni classe sociale, uomini e donne comuni che assassinarono ebrei per ideologia e per libera scelta, anche senza subire pressioni psicologiche o sociali.
In Final Account sfilano ex membri delle SS come cittadini comuni alle prese con la loro memorie intima e personale, spesso molto divergente rispetto a quella pubblica, anche per decenni di oblio, auto convincimento o, al contrario, sensi di colpa terribili. Come avremmo reagito in circostanze simili? Inevitabile l’interrogativo che ci si pone davanti a questa sequela di testimoni segnati dalla vita, in un documentario ben fatto e meritorio, classico lavoro di analisi attraverso la scelta delle giuste persone da intervistare, che non mancano, da chi è convinto ancora oggi dell’ideologia nazista a chi da anni gira per le scuole per alimentare il campanello d’allarme.
Una scena nobilita il lavoro di Holland su tutte, in cui in pochi minuti sintetizza la necessità di mantenere la memoria e i rischi di un ritorno dell’estremismo. Una scena in cui un anziano testimone discute con un giovane dalle simpatie neo-naziste e dalla preparazione storica sbrigativa e ovviamente negazionista. Un momento di una violenza crescente quasi insostenibile, con l’anziano che alza i toni e si agita, incapace di controbattere a un muro di gomma con cui non ha in comune neanche un codice comunicativo. Non è il documentario finale sull’argomento, ma è una pagina d’importante di un dibattito da tenere sempre vivo.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito