La recensione di Fast & Furious: Solo parti originali

15 aprile 2009

Fast & Furious alla quarta tappa si conferma una fuoriserie per chi ama azione e motori. Con il ritorno di Vin Diesel e Paul Walker, il film non si accontenta che lo spettatore esulti e sussulti sul sedile del passeggero. Lo vuole alla guida.

La recensione di Fast & Furious: Solo parti originali

Fast & Furious: Solo parti originali - la recensione

Peccato che le poltrone al cinema non abbiano volante, cambio e pedali. Nella concitazione delle adrenaliniche scene in cui Vin Diesel e Paul Walker si divorano l’asfalto può capitare di ritrovarsi aggrappati ai capelli di chi è seduto davanti. Perché Fast & Furious: Solo parti originali non si accontenta che lo spettatore esulti e sussulti sul sedile del passeggero. Lo vuole alla guida. E la strada da bruciare questa volta è quella della vendetta sul confine tra Usa e Messico, dove i nostri eroi non senza macchia, complici e avversari insieme, uniscono le forze per sbaragliare il cartello del narcotraffico gestito da un certo Braga.

Ma la trama è di poca importanza. Bastano un paio di fili appena intrecciati per salire a bordo e godersi le auto truccate che sfrecciano, sterzano, inchiodano e sbandano come non dovremmo mai vedere fuori dal cinema (ed ecco a fine film l’avviso che ci ricorda di non provarci nemmeno tornando a casa con la nostra utilitaria). I bolidi e le acrobazie al volante sono la forza della serie (chiamarla saga sarebbe troppo) che si è dimostrata redditizia con stessa sorpresa dei produttori tanto da sopravvivere dignitosamente anche senza le star che l’hanno lanciata nel 2001, Diesel e Walker appunto (ma quest’ultimo era protagonista anche del secondo film).

I due attori sono rientrati ai box guadagnandosi la pole position per questo quarto episodio in virtù del cosiddetto mutuo soccorso. Con le rispettive carriere in lieve calo il ritorno nei panni del criminale buono Dom Toretto per Diesel e dell’indisciplinato agente federale Brian O’Conner per Walker è stata una salutare boccata d’ossigeno. L’accoppiata ha ridato il boost alla serie dopo la virata su Tokyo del terzo film (con un cammeo toccata-e-fuga di Diesel) e ha sbancato il box office USA nel primo weekend con 70 mln di dollari. Per avere un’idea l’incasso ha eguagliato l’esordio del terzo capitolo di una vera saga, Il Signore degli Anelli: Il ritorno del Re.

Il successo però non è da attribuirsi al solido binomio donne/motori nonostante l’altro ritorno sempre dal primo film, quello del comparto femminile con Michelle Rodriguez e Jordana Brewster (a proposito dei ritorni c’è da dire che il sottotitolo italiano è particolarmente azzeccato). La Rodriguez esce presto di scena e comunque è troppo maschiaccia per addolcire il rombo dei motori, mentre la Brewster è poco più di una comparsa. I realizzatori hanno epurato la storia per non incappare in un divieto e l’hanno fatto senza rimpianto. Il target del film è lo spettatore giovane, consumatore di videogame privo di libido (almeno quando gioca) che idealmente proseguirebbe l’avventura sulla sua console. Più ironia invece non avrebbe guastato.

Aspettiamoci il quinto episodio della serie nella rinata tecnologia del 3D perché l’esperienza da adrenalinica diventi allucinogena. Ma in quel caso, oltre agli occhiali speciali, si renderebbe utile anche il sacchetto monouso…



  • Giornalista cinematografico
  • Copywriter e autore di format TV/Web
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