Elisa e Marcela: recensione del dramma di Isabel Coixet presentato in concorso al Festival di Berlino 2019
La storia dell'amore impossibile di due donne nei primi del '900 in Spagna.
Ci sono film in cui la scritta “tratto da una storia vera” può essere o meno in bella vista all’inizio o alla fine di un film, ma è in ogni caso ben chiaro che il suo essere tratto dalla realtà è uno dei valori fondativi del progetto stesso. Il principale, se ci riferiamo a Elisa e Marcela, nuovo film della regista catalana, attiva spesso nei paesi di lingua inglese, Isabel Coixet. Una delle beniamine, per qualche motivo, della Berlinale, ha sempre imposto ai suoi progetti il suo stile patinato e pieno di un pathos spesso malriposto. Questa volta, in una sterzata verso il cinema d’impegno sociale, ha realizzato un film che rientra nel processo di elaborazione, dopo oltre un decennio dal primo matrimonio omosessuale legale nella sua Spagna, se non di un mito fondativo, di una ricerca di storie simbolo. Quella di Elisa e Marcela, per esempio: due ragazze della Galizia spagnola, poi donne, innamorate dalla prima volta che si sono incontrate, a scuola, appena prima della fine dell’800. Un caso esemplare di amore reso impossibile dalle leggi e dalle convenzioni dell'epoca.
Con l’arrivo del nuovo secolo le due sono costrette a trovare una soluzione per vivere la vita che si sono scelte, si sposteranno verso la città, schiacciate come sono dalle pressioni esterne della piccola realtà in cui vivono, che certo non accetta che due donne compiano “il peccato" di amarsi in pace. Tornate in Galizia, Elisa assume un’identità maschile, simula dei baffi e si veste con un abito da uomo, come si vede dalle foto del loro matrimonio. Non essendo mai stato formalmente cancellato lo si può quindi definire il primo matrimonio lesbico della storia. Questo però non risolverà il problema, come mostra il film della Coixet, perché saranno anche riuscite a farsi beffe del prete che li ha sposati, ma non evitarono di tirarsi addosso “l’ira funesta delle cagnette” del loro paese, di certo invidiose del loro amore.
Le due rilanciarono con una gravidanza e la nascita di una dolce bambina, ma la storia finirà per proseguire in un altro continente, in Argentina, un paio di decenni dopo.
Elisa e Marcela è un lavoro militante, si diceva, come conferma la carrellata di foto di matrimoni fra donne sui titoli di coda; al film si possono imputare alcune forzature anacronistiche nel ritrarre un’altra epoca con la lente deformante di oggi, ma sicuramente non la sincera sottolineatura di un diritto di libertà solo da pochi anni acquisito, anche se in fondo legalmente solo in pochi paesi del mondo, come diligentemente sottolineato prima dei titoli dalla regista. Quello che non convince, però, e non è la prima volta, è la forma, la valenza cinematografica di Elisa e Marcela. Incapace di approfondire la società che racconta, si limita a sfiorare la superficie senza mai affondare il coltello, ritraendo degli antagonisti che si limitano al ruolo di macchiette, comparse da scostare. Nonostante tutta la buona volontà delle due protagoniste, poi, Natalia de Molina e Greta Fernandez, perfino il grande amore fra le due coraggiose donne rimane freddo e quasi distante, soffocato da un bianco e nero di mera convenzione e abusi assortiti di filtri e dissolvenze. Suona più come una ricostruzione senz'anima, scrupolosa messa in scena di una bella storia di coraggio.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito