Crazy, Stupid, Love - la recensione del film con Ryan Gosling

14 settembre 2011
3 di 5

Se è vero che la commedia romantica è un genere storicamente orientato verso il soddisfacimento del pubblico femminile, lo è altrettanto che, negli ultimi anni, si siano moltiplicate le aperture estetico-tematiche nei confronti dell’altra metà del pubblico.

Crazy, Stupid, Love - la recensione del film con Ryan Gosling

Crazy, Stupid, Love - la recensione

Se è vero che la commedia romantica è un genere storicamente orientato verso il soddisfacimento del pubblico femminile, lo è altrettanto che, negli ultimi anni, si siano moltiplicate le aperture estetico-tematiche nei confronti dell’altra metà del pubblico.
Fatta salva la ragione prettamente industriale alla base di questo allargamento (un uomo che accompagna più volentieri la donna al cinema si traduce in un maggior numero di biglietti staccati), è impossibile non notare come il mutamento del genere sia andato di pari passo col mutamento sociale dell’immagine maschile: l’apertura alla sensibilità, il metrosexualismo e via discorrendo.

Questa premessa è importante, parlando di Crazy, Stupid, Love.
Perché è chiaro fin dal principio che il film di Glenn Ficarra e John Requa (la stessa coppia creativa dietro la sceneggiatura di film come Babbo bastardo e la regia dell’invisibile e “scandaloso” I Love You Philip Morris), oltre che raccontare una più che convenzionale - seppur doppia - storia d’amore che viaggia tra qualche scossone verso lo scontato e rassicurante lieto fine, è incentrato sul rapporto tra due figure maschili solo in apparenza antitetiche.
Lo Steve Carell ingenuo e pantofolaio piantato dalla moglie e bisognoso di reinventarsi come maschio, e lo scintillante, impeccabile e superaffascinante Ryan Gosling s’incontrano e si supportano alternativamente perché, pur in apparenza diversissimi, riconoscono l’uno nell’altro le rispettive insicurezze, ansie e solitudini. Ognuno a suo modo, i due personaggi da loro interpretati sono uomini che giungono a un punto di rottura, al raggiungimento della consapevolezza che i rispettivi comportamenti non erano più sufficienti per mascherare la loro crisi identitaria.
I personaggi di Steve Carell e Ryan Gosling sono due uomini che si chiedono (l’un l’altro e a sé stessi) cosa voglia dire essere un uomo oggi, cosa e come esserlo al fianco di una donna. Trovando nella sintesi tra due immagin(ar)i opposti e nell’accettazione dei propri limiti la risposta al loro interrogativo.
Se in questo discorso al discorso al maschile è compresa anche la storyline del figlio di Carell, innamorato della sua baby sitter, c’è da notare come le figure femminili di Crazy, Stupid, Love siano decisamente più stabili e soprattutto determinate, proprio perché accettano con maggior consapevolezza le loro imperfezioni e le loro debolezze. Questo vale per la Julianne Moore moglie di Carell, per la Emma Stone che seduce il seduttore seriale Gosling e perfino per la giovane Analeight Tipton (la babysitter oggetto del desiderio del ragazzino che accudisce e innamorata del di lui padre).

In un panorama riguardante la commedia hollywoodiana in cui sono un conservatorismo nemmeno troppo strisciante, un tono che più che scanzonato è spesso becero, una meta-analisi sociale dalla ostentata superficialità, a farla da padrone, è sufficiente l’illustrata caratterizzazione dei personaggi per far distinguere un film come Crazy, Stupid, Love.
A questa si aggiungono poi una scrittura precisa e brillante, e delle interpretazioni decisamente migliori della media (in prima linea gli affiatatissimi Gosling e Stone), nonché una via al romanticismo mai (troppo) zuccherosa e sempre stemperata nell’ironia.
Peccato, allora, per alcune ingenuità di scrittura e per un finale fin troppo ansioso di riportare i suoi protagonisti ad uno status quo leggermente ottuso dopo le più dissestanti peregrinazioni che fin lì hanno più che positivamente affrontato.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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