Cosmonauta, la recensione del film di Susanna Nicchiarelli
Quello di Susanna Nicchiarelli è un altro interessante esordio presentato nella sezione Controcampo italiano. Cosmonauta racconta una curiosa storia di crescita personale, eppure collettiva, nella cornice dell’Italia dei primissimi anni Sessanta.
Cosmonauta, la recensione del film di Susanna Nicchiarelli
Quello di Susanna Nicchiarelli è un altro interessante esordio presentato nella sezione Controcampo italiano (nelle sale italiane dall'11 settembre). Cosmonauta racconta una curiosa storia di crescita personale, eppure collettiva, nella cornice dell’Italia dei primissimi anni Sessanta.
Luciana è un’adolescente che ha ereditato la fede comunista dal padre defunto, che sogna ad occhi aperti di fronte ai recenti successi della cosmonautica sovietica assieme al fratello Arturo, malato e tontolone, che inizia a frequentare la sezione di quartiere del PCI scontrandosi in questo modo con i primi amori, con il maschilismo, con i momenti agri e dolci della vita.
Parlando di lei, e attraverso di lei, l’esordiente Susanna Nicchiarelli racconta due storie strettamente intrecciate tra di loro: quella della crescita, della maturazione e della formazione di Luciana da un lato e quella invece relativa ad una stagione particolare ed intensa della storia del nostro paese, di un’ideologia, di un modo di vivere ed intendere la politica e la collettività. Eppure non c’è alcuna rigidità ideologica nel film nel raccontare quegli anni e quelle idee, in Cosmonauta: perché se a prima vista potrebbe sorprendere che una regista giovane scelga di raccontare la sua storia in un periodo così distante da lei, lo sguardo della Nicchiarelli sul passato è quello che accomuna molti suoi coetanei, figlio di una rievocazione affettuosa e gradevolmente nostalgica filtrata dall’affermazione della cultura pop e dal crollo degli ideologismi dogmatici e settari. Nel film si respira quindi un’aria di modernariato mai posticcio, e quegli anni riescono a diventare facilmente anche i nostri, a raccontare l’oggi.
Questa vicinanza si fa poi empatia quando ci si concentra sulle vicende personali di Luciana, e non solo perché a legare il quadro più ampio della storia e quello invece più intimo e personale ci siano degli evidenti ragionamenti paralleli sulla perdita dell’innocenza e dei suoi processi. L’empatia nasce anche grazie al particolare pudore con il quale la regista osserva e racconta i suoi personaggi, ad un equilibrio tra prossimità e distanza che troppo spesso manca in molti film del nostro paese. Anche in questo caso, le gioie e i dolori della giovane protagonista sono raccontati con uno stile che potrebbe essere definito pop proprio nel suo conscio utilizzo di un registro narrativo che punta alla leggerezza e che proprio per questo riesce a comunicare epidermicamente sensazioni ed emozioni.
Ed in questo senso Cosmonauta - che pure non è del tutto immacolato, ed a tratti sembra condividere le stesse goffaggini e le stesse incertezze dei personaggi che racconta - riesce ad essere un film tanto legato alla realtà e alla sensibilità del nostro paese quanto evidentemente capace di avere un respiro più ampio ed universale grazie ad evidenti influenze del cinema americano ed europeo.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival