Confidenza: recensione del film di Daniele Luchetti con Elio Germano
Adattando per la terza volta un romanzo di Domenico Starnone, Daniele Luchetti dirige Elio Germano e Federica Rosellini in Confidenza, un film sulle paure e il bisogno di autocontrollo dell'uomo contemporaneo. La recensione di Carola Proto.
Il professore di Lettere Pietro Vella, protagonista di Confidenza, ricorda il personaggio ibseniano di Peer Gynt, che paragona la sua vita a una cipolla, composta di strati su strati che altro non sono se non personalità apparenti, identità ugualmente inconsistenti. Potremmo anche parlare di maschere pirandelliane, prendendo in prestito dal drammaturgo siciliano l'idea della scomposizione dell’io, sta di fatto, però, che il personaggio principale del film di Daniele Luchetti raramente lascia uscire dalla sua gabbia di regole sociali e apparenza il suo io più nascosto, ammesso che abbia effettivamente un centro pulsante, una parte istintiva, qualcosa che lo rende unico e autentico. Confidenza lascia intuire che alla fine della cipolla ci sia un nucleo incandescente di verità, ma il ruolo sociale di Pietro, il suo bisogno di essere riconosciuto come uomo morale che crede nella pedagogia dell’affetto, soffoca le emozioni, a cominciare dall'amore. Nel film ce ne sono due: quello per sua moglie Nadia, donna "pacificante" che è un po’ come quel maglione morbido e caldissimo che ci protegge dal freddo, e quello, ora totalizzante e ora sbilenco per la sua ex studentessa Teresa, per cui è prima mentore e guida e poi quasi vittima, in nome di un segreto rivelato che potrebbe costargli la carriera e gli affetti.
Ora, se lo stato d'animo di Pietro e soprattutto la sua paura appaiono così chiari, è perché Daniele Luchetti e il cosceneggiatore Francesco Piccolo disseminano il racconto di piccole epifanie di morte e di immagini di decomposizione: dettagli che rendono il film disturbante e perfino ambiguo. Che il regista si diverta almeno un po’ a prendere per il naso lo spettatore, creando false piste, è piuttosto chiaro, ma è molto raro, in tempi di macchina da presa fissa e continui campo-controcampo, che la forma di un film riesca a esprimerne così efficacemente il contenuto e soprattutto il non detto, ciò che resta sullo sfondo. Proprio per questo Daniele Luchetti ricorre alla profondità di campo. Nelle sue inquadrature è ciò che accade non in primo piano a contare, e quando arriva Teresa, ad andare in scena è il "mostruoso femminile". Nel suo sguardo obliquo e nella sua coraggiosa rivoluzione, il personaggio interpretato da Federica Rosellini rimanda a un bestiario fatto di streghe bruciate vive, preadolescenti possedute dal demonio, vergini da sacrificare. In Confidenza, insomma, la paura è donna, e siccome il segreto è spesso ciò che ci rende orribili e indifesi, il fatto che a conoscerlo sia la creatura che nel Paradiso Terrestre ha ceduto alle lusinghe del serpente getta Pietro nel panico. Il punto di vista del racconto è la sua percezione della realtà e forse anche la nostra, quando cediamo al bisogno di controllo ed autocontrollo e, proprio come il Prof. Vella, diventiamo tragicomici.
In tal senso Confidenza non lavora in sordina, seppure ha dalla sua la sottigliezza, ma trova il coraggio di dirci che l'uomo contemporaneo non è più l'energumeno che va a caccia o il pater familias che tiene moglie e figli sotto scacco, ma un individuo egoriferito, intossicato dal narcisismo e convinto di essere un impostore. Se viene scoperto, verrà ostracizzato dal contesto collettivo a cui appartiene e soprattutto si alienerà da sé stesso, come se dovesse espiare, ben prima di arrivare davanti a Dio e sperare nel paradiso, la sua colpa. È straordinariamente bravo Elio Germano ad "abitare" le mille sfumature di Pietro Vella, che potrebbe implodere da un momento all’altro, e Luchetti, che lo ha già diretto in 3 occasioni, ha fatto benissimo a sceglierlo, lasciando che il suo gioco d'attore si misurasse con la recitazione di un’attrice che viene dal teatro ed è abituata a lavorare sulle emozioni. Ci piace che sia un volto nuovo, perché solamente un'artista senza un'ingombrante carriera alle spalle poteva dare una valenza archetipica a Teresa. Perché anche lei rappresenta qualcosa di squisitamente attuale: un femminile contemporaneo nel quale si mescolano intraprendenza e solitudine, forza e malinconia. Anche se nasce da un'opera di fantasia (l'omonimo romanzo di Domenico Starnone), Confidenza rimanda a una realtà scomoda: per questo è un film scomodo, di quelli che non imboccano lo spettatore, non promettono un lieto fine e parlano schiettamente di noi.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali