Complici del silenzio - la recensione del film con Alessio Boni
Dopo aver narrato la vicenda del primo pentito di Mafia ne L'uomo di vetro, Stefano Incerti si conferma regista impegnato e in Complici del Silenzio affronta lo scomodo tema dei desaparecidos. Lo fa attraverso un cinema di intrattenimento che rende il racconto molto fruibile ma non abbastanza efficace e provocatorio.
Complici del silenzio - la recensione
Al di là di ogni giudizio estetico, un film che parla con onestà e impegno di un genocidio è già di per sé un'opera importante, perché invita le vecchie generazioni a non dimenticare e le nuove a rendersi conto delle atrocità che l'essere umano è arrivato a compiere. E come certe storie che ruotano intorno all'Olocausto nascono dal desiderio, da parte di artisti legati a quegli eventi, di fare pace con un passato scomodo, così parlare ancora dei 30.000 desaparecidos argentini significa interrogarsi sulle ragioni di una terribile violazione dei diritti umani, rendere omaggio ai parenti delle vittime e celebrare lo "spirito rivoluzionario".
Complici del silenzio di Stefano Incerti parte da questa spinta forte e si accosta a una realtà che non è la nostra con la curiosità del suo protagonista, il giornalista sportivo Maurizio Gallo che nell'anno dei mondiali di calcio - il 1978 - arriva a Buenos Aires inconsapevole del sinistro e sotterraneo operato della dittatura militare. Con grande rispetto e nessuna pretesa di insegnare, il regista de L'uomo di vetro cerca l'obiettività e, paradossalmente, riesce a raccontare la verità grazie all'invenzione. Ricorrendo al melodramma, alla passione fra Maurizio Gallo e una guerrigliera, entra prograssivamente e timidamente in contatto con la Storia. E' questa grande fruibilità l'aspetto più interessante del film di Incerti, che spingendo la sua macchina da presa nel putrido sottosuolo di Buenos Aires, invaso da montagne di cadaveri, sconvolge, e denuncia, senza urlare, il silenzio dei media, consapevoli eppure omertosi.
Se la seconda parte di Complici del silenzio è potente, la prima è piuttosto scialba. Si dice poco sul calcio, la descrizione d'ambiente non è abbastanza efficace, la storia d'amore appare scontata e la recitazione degli attori - soprattutto degli italiani - non è mai vibrante. Sono i difetti di un film che per il timore di annoiare alla fine manca di coraggio, non sa quale direzione prendere e sacrifica il rigore all'entertainment.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali