Coma: la recensione del film di Bertrand Bonello

19 giugno 2023
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Un piccolo, grande film quasi sperimentale, godardiano, che dimostra tutta l'intelligenza cinematografica, sociale e umana del regista francese. La recensione di Coma di Federico Gironi.

Coma: la recensione del film di Bertrand Bonello

Ditegli tutto, ma non che sia un film sulla pandemia, il Covid, il lockdown. Che pure, per certi versi, per certe circostanze, circostanze utili a un disegno più grande e complesso, lo è.
Ma sarebbe ingiusto, sbagliato, sciocco e miope soprattutto, ridurre Coma a quella cosa lì.
Bertrand Bonello, da Nocturama in avanti, è cambiato. Il Bonello di prima mi interessava poco, e mi irritava parecchio. Questo nuovo, tutto il contrario. È diventato, o ha svelato di essere sempre stato, un regista di grande intelligenza: cinematografica, sociale, umana.
Da Nocturama si riparte. Si parte, di nuovo, come in Nocturama appunto, da un appello a sua figlia Anna, una lettera aperta, se volete, riguardo il presente, il futuro, la sua età. Riguardo il cinema e l’amore, che sono la stessa cosa.
C’è un’adolescente chiusa in casa, in Coma. Da sola, pare.
C’è una YouTuber seducente che annuncia previsioni del tempo apocalittiche, parla di moda e di vino, di sogni e dell’assuda idea del libero arbitrio. C’è Deleuze che parla dei sogni, ci sono bambole in stile Barbie che, in stop motion, danno vita a un’assurda soap opera che rispecchia e diventa l’assurda soap opera del reale. C’è una specie di Pocket Simon (un gioco da boomer) nel quale è impossibile sbagliare e c’è la meravigliosa Romy Schneider di L’Enfer di Henri-George Clouzot. Ci sono foreste oniriche, lynchiane e dantesche,, misteriosi controllori, telefonate in facetime e sessioni di Zoom in cui la ragazza, con le sue amiche parla di serial killer fino a che non ne incontrano uno per davvero. Forse.

Frantumando il suo film, e il racconto, se uno ce n’è, in una miriade di frammenti declinati ognuno con uno stile e un registro visivo differente, alternando lo screencast con l’animazione, la ripresa “tradizionale” e l’archivio, il footage di sorveglianza e il digitale della rete, Bonello racconta quasi sperimentalmente l’universo visivo e psicologico che ci circonda. Meglio: quello nel quale sono immerse le generazioni più giovani, sottoposte a stimoli, sollecitazioni, messaggi e narrazioni che li spingono, li indirizzano, li modellano, li travolgono.
Ecco: Coma è travolgente, nel modo in cui racconta la catastrofe (si vedano le immagini del finale, lì dove la voce narrante del padre/regista torna a riallacciare i nodi con l’apertura). Una catastrofe inevitabile, come cantavano i Baustelle, ma che può e deve essere superata. Surfata, quasi, da chi ne ha consapevolezza. Quella consapevolezza che arriva con le immagini e nelle immagini.
Godardiano come mai prima d’ora, Bertrand Bonello racconta il mondo contemporaneo: un mondo contemporaneo dove l’immagine è il linguaggio, dove non esiste linguaggio al di fuori dell’immagine, seppur mentale, dove è il flusso costante è uno tsunami di solitudine.
Bonello racconta la prospettiva e lo smarrimento dei giovani, e dei meno giovani, del mondo. E cerca di offrire loro la sua scialuppa di salvataggio: un gesto semplice, un gesto profondo, fatto di speranza, cinema e amore.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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