Coma: la recensione del film di Bertrand Bonello
Un piccolo, grande film quasi sperimentale, godardiano, che dimostra tutta l'intelligenza cinematografica, sociale e umana del regista francese. La recensione di Coma di Federico Gironi.
Ditegli tutto, ma non che sia un film sulla pandemia, il Covid, il lockdown. Che pure, per certi versi, per certe circostanze, circostanze utili a un disegno più grande e complesso, lo è.
Ma sarebbe ingiusto, sbagliato, sciocco e miope soprattutto, ridurre Coma a quella cosa lì.
Bertrand Bonello, da Nocturama in avanti, è cambiato. Il Bonello di prima mi interessava poco, e mi irritava parecchio. Questo nuovo, tutto il contrario. È diventato, o ha svelato di essere sempre stato, un regista di grande intelligenza: cinematografica, sociale, umana.
Da Nocturama si riparte. Si parte, di nuovo, come in Nocturama appunto, da un appello a sua figlia Anna, una lettera aperta, se volete, riguardo il presente, il futuro, la sua età. Riguardo il cinema e l’amore, che sono la stessa cosa.
C’è un’adolescente chiusa in casa, in Coma. Da sola, pare.
C’è una YouTuber seducente che annuncia previsioni del tempo apocalittiche, parla di moda e di vino, di sogni e dell’assuda idea del libero arbitrio. C’è Deleuze che parla dei sogni, ci sono bambole in stile Barbie che, in stop motion, danno vita a un’assurda soap opera che rispecchia e diventa l’assurda soap opera del reale. C’è una specie di Pocket Simon (un gioco da boomer) nel quale è impossibile sbagliare e c’è la meravigliosa Romy Schneider di L’Enfer di Henri-George Clouzot. Ci sono foreste oniriche, lynchiane e dantesche,, misteriosi controllori, telefonate in facetime e sessioni di Zoom in cui la ragazza, con le sue amiche parla di serial killer fino a che non ne incontrano uno per davvero. Forse.
Frantumando il suo film, e il racconto, se uno ce n’è, in una miriade di frammenti declinati ognuno con uno stile e un registro visivo differente, alternando lo screencast con l’animazione, la ripresa “tradizionale” e l’archivio, il footage di sorveglianza e il digitale della rete, Bonello racconta quasi sperimentalmente l’universo visivo e psicologico che ci circonda. Meglio: quello nel quale sono immerse le generazioni più giovani, sottoposte a stimoli, sollecitazioni, messaggi e narrazioni che li spingono, li indirizzano, li modellano, li travolgono.
Ecco: Coma è travolgente, nel modo in cui racconta la catastrofe (si vedano le immagini del finale, lì dove la voce narrante del padre/regista torna a riallacciare i nodi con l’apertura). Una catastrofe inevitabile, come cantavano i Baustelle, ma che può e deve essere superata. Surfata, quasi, da chi ne ha consapevolezza. Quella consapevolezza che arriva con le immagini e nelle immagini.
Godardiano come mai prima d’ora, Bertrand Bonello racconta il mondo contemporaneo: un mondo contemporaneo dove l’immagine è il linguaggio, dove non esiste linguaggio al di fuori dell’immagine, seppur mentale, dove è il flusso costante è uno tsunami di solitudine.
Bonello racconta la prospettiva e lo smarrimento dei giovani, e dei meno giovani, del mondo. E cerca di offrire loro la sua scialuppa di salvataggio: un gesto semplice, un gesto profondo, fatto di speranza, cinema e amore.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival