Cobain: Montage of Heck - la nostra recensione del documentario su Kurt Cobain

30 marzo 2015
3.5 di 5
459

Un documento intimo e commovente nonostante alcune ombre.

Cobain: Montage of Heck - la nostra recensione del documentario su Kurt Cobain

Ci si potrebbero fare mille domande, dopo aver visto Cobain: Montage of Heck.
Ci si potrebbe chiedere che completezza ci possa essere in un documentario che parte da un punto di vista ben preciso sulle polemiche che ancora circondano la morte del leader dei Nirvana, e che esclude inevitabilmente ogni altro.
Ci si potrebbe chiedere se, a tratti, l'ambizione e la retorica di Brett Morgen non siano state eccessive, con quegli inserti d'animazione che fanno tanto The Wall.
Ci si potrebbe chiedere cosa sarebbe stato oggi di Cobain come icona pubblica se non si fosse tolto la vita a soli 27 anni, come nella peggiore delle tradizioni del maledettismo rock'n'roll.
Alla fine dei conti, però, di fronte alla disperata umanità raccontata sullo schermo dal film, all'energia trascinante della musica, al dolore che bisognerebbe provare per ogni vita interrotta troppo presto, o troppo malamente, sono domande che lasciano il tempo che trovano.

Grazie alla sua musica e al suo carisma, Kurt Cobain è stato forse l'ultima vera e grande rockstar dei nostri tempi, l'ultima icona di un rock'n'roll non solo musicale, ma esistenziale. Grazie alla sua fragilità e alle sue mille contraddizioni che il film di Morgen racconta senza ambiguità o ritrosie, Kurt Cobain è stato legittimamente il mito di una generazione che, proprio come lui, ha vissuto disagio, confusione, ricerca identitaria.
Se le tante immagini live dei Nirvana presenti in Cobain: Montage of Heck dimostrano senza possibilità di smentita il peso di Kurt nella storia della musica, la ricostruzione intima e partecipe della sua infanzia e della sua giovinezza (che chi volesse potrebbe completare anche con la lettura di un bellissimo fumetto di Tuono Pettinato dal titolo “Nevermind”, pubblicato da Rizzoli Lizard) riescono a fare del suo specifico un disagio universale, e al tempo stesso mostrare un'importante chiave di lettura per tutto quello che è venuto dopo.

Certo, con l'entrata in scena di Courtney Love (il documentario è prodotto da loro figlia Frances Bean) le cose si fanno più spinose e l'assenza totale della voce di Dave Grohl e della sua campana si percepisce in tutta la sua giudicante pesantezza. Ma Morgen evita l'agiografia, non facendo mai un passo davanti al Cobain immaturo e egocentrico tossicodipentente, e nemmeno evitando però di mostrarne la sensibilità e l'amore nei confronti della figlia.
Checché se ne pensi di Courtney Love e del suo ruolo nella vita di Cobain, è però col suo arrivo che il documentario trova il suo nucleo più interessante e problematico: perché ancor pià di prima mostra un uomo irrisolto, che usa la sua fragilità e ne è al tempo stesso vittima, che brama il successo ma lo rifugge, che vorrebbe rinchiudersi in casa ma non può fare a meno di suonare per un pubblico.

Al circolo vizioso di cui è prigioniero Kurt, Cobain: Montage of Heck ne contrappone uno virtuoso, che se non è riuscito a salvare la vita della rockstar, perlomeno contribuisce a dare un senso costruttivo che superi lo specifico della musica.
La chiave è nell'infanzia e nel suo loop: in quella di Kurt prima, in quella di Frances Bean poi: da un bambino biondo si parte, da una bimba bionda si passa, a un bambino biondo si ritorna.
La struggente fragilità di Kurt Cobain esibita nel celeberrimo Unplugged di MTV (sulla quale con grande intelligenza Morgen chiude il suo documentario, lanciando anche un'implicita staffilata alla Love: “tell me where did you sleep last night”) contiene quella di un bambino che voleva solo essere amato: come tutti i bambini, amato a modo suo, in maniera totalizzante e egoistica.
Perché prima ancora dell'eroina, era l'amore la droga di Kurt Cobain, la sostanza che non gli bastava mai.

E se questo film, per Frances Bean, è stato un modo per dare a suo padre un po' di quell'amore che non ha potuto dargli dopo la sua morte, ogni possibile riserva, ogni possibile domanda si scioglie come neve al sole.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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